Sono le sette della sera del 17 ottobre.
Sono le sette della sera del 17 ottobre e io sono morta.
La mia vita si è sbriciolata insieme con le macerie in un parcheggio accanto all’Ospedale di Gaza nel quale mi ero rifugiata. Fuori c’è la guerra, in quel pezzetto di terra che pensavamo sicuro c’ero io e c’era la mia famiglia. Mia madre, mio padre e mia sorella più piccola. Mentre scrivo stringo la sua mano nella mia, è morta pure lei, posso sentirlo, non ho il coraggio di guardare ma ho la disperata certezza che anche lei non riaprirà gli occhi domattina, quando tutta la polvere sarà di nuovo al suo posto, quando le luci dell’alba illumineranno lo strazio che c’è in questa striscia di terra sanguinante. Quando domani, io lo so, il pensiero di voi che vivete lontani da qui e dei grandi potenti sarà uno solo: di chi è la colpa? I terroristi di Hamas accusano Israele che risponde che è stato proprio Hamas a lanciare il razzo che è caduto sull’ospedale. Forse un errore. Forse. Ma sapete cosa vi dico?

A me non importa nulla di chi sia la colpa, israeliani, palestinesi. Non mi importa della storia, delle strategie, della voce grossa dei politici, degli eserciti, non mi importa. Io sono morta perché un razzo mi è caduto sopra la testa. Andate domani, alle prime luci dell’alba, a spiegare a mia madre di chi è la colpa. Ve lo chiedo nella vana speranza che lei possa ascoltarvi, che sia ancora viva. Perché io non so se mia madre e mio padre sono sopravvissuti alla barbarie, all’orrore di questo pezzo di storia che non perdonerà nessuno. Andate da mio padre e spiegategli che forse Hamas ha sbagliato a lanciare il razzo o che lo ha fatto a posta per creare un precedente. Oppure ditegli che Israele doveva vendicare i suoi morti mietendone degli altri. Spiegate a mia madre e mio padre che due bambine non ci sono più. Nella folle ricerca delle colpe, nell’inseguire isterico del più cattivo, centinaia di persone sono morte. Molti erano bambini. Morti in nome della follia umana che ha contagiato il mondo. Spiegatelo.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.