Giovedì scorso è partito il tour “Ospedale per Ospedale”, prima tappa Ospedali riuniti di Villa Sofia-Cervello e il C.T.O. di Palermo, da settimane il reparto di ortopedia di Villa Sofia ha a rischio gli interventi chirurgici perché il primario presente, insieme ad altri due medici, hanno deciso di andare via, hanno scelta la sanità privata. Pochi rischi da responsabilità civile, stipendio più lauto, meno turni massacranti.

In quel reparto c’è un medico ortopedico che si chiama Antonio Jacobs, la sua presenza è essenziale: senza di lui il reparto sarebbe chiuso. Potrebbe dedicarsi alle sue passioni e invece ha deciso di restare lì, in corsia, nel reparto che lo ha visto affermarsi professionalmente. Lo fa con un grande senso di responsabilità verso i cittadini, è quel dovere di garantire un servizio che non fa smettere Antonio di continuare ad esercitare la sua professione. La straordinarietà di questa storia sta nel fatto che Antonio, anni fa, è stato colpito da una emorragia cerebrale che non gli consente oggi di effettuare interventi chirurgici, ha rischiato la vita, ha una invalidità ma nonostante tutto presidia il reparto, specie nei giorni in cui se non ci fosse lui ci sarebbero solamente gli infermieri. Il perimetro però che ci consegna questo racconto è quello di una sanità drammaticamente compromessa.

Parafrasando il linguaggio ortopedico si potrebbe dire frattura complessa e pluriframmentaria. Una Sanità così in crisi da non essere in grado di rinunciare a nessuna risorsa umana. Antonio non vuole essere chiamato eroe in corsia, c’è entusiasmo in quello che fa ogni giorno, una scelta coraggiosa che riassume la deontologia medica e lo spirito di servizio. Un esempio di fronte comune per tamponare il dissanguamento dei camici bianchi dalla sanità pubblica. Abnegazione e attaccamento al lavoro non sono sempre scontati e in questo caso si traducono in beneficio per la comunità, Antonio Jacobs sa leggere le emergenze e affrontarle, ha deciso di rimanere in prima linea.