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Hersh Goldberg pesava 50 chili
Ostaggi israeliani a Gaza, totale indifferenza per la loro sofferenza: Amnesty, Unicef, Croce Rossa preoccupati solo per disastro umanitario
C’è un motivo per cui non si ricordano appelli rivolti ad avere notizie e sullo stato di salute degli israeliani sequestrati il 7 ottobre dell’anno scorso. Il motivo è uno: non ci si ricorda di quegli appelli perché non ci sono stati.
C’è un motivo per cui non ci si ricorda di dichiarazioni, manifesti, reclami di organizzazioni umanitarie che richiedevano garanzie sul fatto che i sequestrati fossero trattati decentemente. Il motivo è uno, lo stesso: perché quelle dichiarazioni, quei manifesti, quei reclami non ci sono stati.
Ostaggi a Gaza, le organizzazioni umanitarie dove sono?
I plenipotenziari di Amnesty International, di Medici Senza Frontiere, dell’Unicef (ci sono anche bambini, tra i rapiti), dell’Onu, della Croce Rossa, di Save The Children, insomma i responsabili delle organizzazioni che, da un anno a questa parte e senza sosta, fanno le mostre del proprio cuore infranto e della propria anima devastata per il disastro umanitario che affligge la popolazione di Gaza, sono rimasti sostanzialmente indifferenti alla sorte degli ostaggi torturati e assassinati a grappoli laggiù.
Ad andar bene, e proprio per completezza protocollare, negli statement di quel mandarinato della cooperazione internazionale compare la postilla routinaria sulla necessità di liberare gli ostaggi, naturalmente sempre in modo subordinato al previo cessate il fuoco dell’Entità Sionista e, in ogni caso, senza che quella richiesta di liberazione sia assistita dalla benché minima intimazione.
Hersh Goldberg pesava 50 chili
Ma sanno tutti ciò che quegli uomini, quelle donne, quei vecchi, quei bambini hanno patito per un anno. Il corpo di Hersh Goldberg, il ragazzo mutilato che le belve di Hamas hanno assassinato con un colpo alla nuca qualche settimana fa, pesava cinquanta chili quando lo hanno trovato (era alto più di un metro e ottanta). Le ragazze sequestrate: sanno tutti ciò che subiscono da mesi e mesi. I bambini: le privazioni infernali cui sono sottoposti, l’incubo che sopportano da un anno, non rappresentano altrettante ipotesi. Sono le cose certe che non hanno smosso non si dice la pietà, ma nemmeno l’attenzione del dichiarazionificio sulla guerra di Gaza.
La loro esistenza era tutt’al più evocata dai volantini con le loro immagini, quelle che in ogni città del mondo al di fuori di Israele erano adibite a sputacchiera, o a materiale da “rimuovere e deporre nel cestino”, secondo la pratica di Amnesty International.
E il tutto, anche in questo caso, per la ricorrente e sempreverde ragione che anche loro, anche gli ostaggi, rappresentano a tutto concedere un dettaglio di sofferenza marginale e, se non giustificata, almeno comprensibile alla luce del male più grande di cui è responsabile Israele. La cui colpa, evidentemente, ricade sul bambino di otto mesi, o sulla madre che l’ha generato, l’una e l’altra immeritevoli di qualsiasi preoccupazione umanitaria perché ci sono civili e civili. E i civili ebrei di oggi sono sotto-civili, com’erano sotto-uomini i loro genitori e i loro nonni.
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