Il caso Ottaviano Del Turco è un unicum come furono i casi Bettino Craxi e Sergio Moroni, il cui suicidio fece tanto clamore, anche, per la lettera inviata al presidente della Camera, Giorgio Napolitano, in cui scrisse che si era creato “un clima da pogrom nei confronti della classe politica”. La denunzia non ebbe alcuno effetto, Milano acclamava il pool Mani pulite e il suo “eroe” Antonio Di Pietro.
Craxi e Del Turco sono morti per mali incurabili e Moroni scelse di spararsi. Ottaviano – lo chiamo per nome, ci conoscevamo bene – rimase vittima di una trama ordita da diverse mani.

Del Turco vittima di una trama

La magistratura si schierò, chiaramente dal primo momento, con l’imprenditore di cliniche private, Vincenzo Angelini, e contro il governatore, arrestato con altri otto amministratori e funzionari della Regione Abruzzo con l’accusa di associazione per delinquere, concussione e truffa. Il caso giudiziario fu definito “Sanitopoli”, il copyright era del pool della Procura, composto dal procuratore capo, Nicola Trifuoggi, e dai sostituti Giuseppe Bellini e Giampiero Di Florio. E il gip era Maria Michele De Fine, per nulla figura terza. Il milieu giudiziario restò affascinato dai racconti di Angelini “pro domo sua”. Un testimone che piacque tanto quando informava di recarsi agli incontri con Del Turco con registratore e mini macchina fotografica.

La prova farlocca

Rivelava di aver pagato 15 milioni di euro in diverse tranche e che gli era stato promesso di rientrare del credito di 150 milioni di euro maturati tra il 2005 e il 2007. Prova ne sia il versamento della tangente che però, alla fine dei processi, risultò farlocca. Nel caso Del Turco, entrò in campo quello che decenni dopo Luca Palamara chiamò il “Sistema”: una procura, un giornale meglio se più e un partito. “Sistema” già inaugurato ed oleato dalla procura di Milano.
Nicola Trifuoggi, davanti ai giornalisti, fece uno show e concluse che “era credibile la verità di Angelini, perché era una vendetta”. Il re delle cliniche simbolo di verità, il governatore dell’Abruzzo il corrotto per antonomasia.

La gogna dei ‘giornaloni’

Strano a dirsi, coloro che difesero il governatore di centrosinistra Del Turco furono Silvio Berlusconi, in primo luogo, e i giornali del centrodestra. Il resto dei mezzi di informazione erano tutti contro: Il Corriere della Sera con l’inviato Dino Martirano, la Repubblica con D’Avanzo e Bonini e l’Unità con la coppia Padellaro e Travaglio. Insomma, i “giornaloni” e le grandi firme della gogna mediatica.
Già a monte, la candidatura alla presidenza della Regione Abruzzo di Del Turco non era stata una passeggiata. Il Pd non la gradiva. La spuntò grazie al forte appoggio di un altro ex sindacalista (e suo corregionale): Franco Marini. Gli ex comunisti del Pd puntavano al sindaco di Pescara, Luciano D’Alfonso, la cui amicizia e l’assidua frequentazione con il procuratore Trifuoggi erano bene note.

Neppure D’Alfonso se la passò bene: venne anche lui arrestato e processato. E alla fine assolto. Si badi bene che il rapporto tra D’Alfonso e Trifuoggi fu tale che convinto da quegli, questi scese in politica e fu eletto vicesindaco di una giunta di centrosinistra de L’Aquila. Per la regola del contrappasso, Trifuoggi si trovò impigliato, giudiziariamente, per l’acquisto di un immobile da un malacarne inquisito dalla procura. Non è tutto. Fu coinvolto, altresì, nell’incidente del fuori campo, in cui Gianfranco Fini non espresse giudizi lusinghieri nei confronti di Silvio Berlusconi, per lo scoppio del caso Graviano-Spatuzza.

Il Pd spiazzato da Berlusconi

Comunque, Trifuoggi spaziava da sinistra a destra, a suo piacimento. A ben pensarci, non è che non lasciò una scia di veleni la candidatura del leader socialista. La prova provata? Quando Del Turco fu arrestato, dai Dem regionali e nazionali arrivò una solidarietà timida e impacciata. Per paradosso, il socialista segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, non proferì verbo contro l’arresto di Del Turco. Molto gli doveva. Era stato il suo mentore. Quando nel 2007 fu fondato il Pd, Del Turco fu uno dei cinquanta fondatori. Eppure, né il partito guidato da Walter Veltroni né la Cgil di Guglielmo Epifani difesero Ottaviano. Se dovessimo spiegarne il motivo, probabilmente, si potrebbe risalire alla forte presa di posizione del presidente Berlusconi contro i magistrati nel caso di quell’arresto. Al che, ecco l’Anm, as usual, controbattere sull’attacco all’indipendenza della magistratura. Uno stucchevole refrain che ha trovato, da sempre, tra i Dem una sensibilità eccessiva. A ben pensarci, il passaggio di Del Turco dal PSI al PD resta un mistero. Lui, socialista riformista tutto d’un pezzo, iscritto a un partito ad egemonia post comunista e post democristiana. Soltanto i socialisti lo difesero con l’affetto dimostratogli in tante altre occasioni. E lui non fece cantare il gallo per la seconda e terza volta, al contrario di San Pietro. Come diceva Pietro Nenni: il fiume torna sempre alla sorgente.