È un uomo affranto. Che oltre a dover affrontare la visione del figlio – Filippo Turetta – in carcere per un crimine efferato, ora deve superare un’ulteriore gogna mediatica nei suoi confronti dopo la diffusione delle registrazioni del colloquio svolte mesi fa con Filippo nell’istituto penitenziario di Verona. Oggi, a fatica, ha parlato Nicola Turetta, il padre del ragazzo accusato di aver ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin.

Il padre di Filippo Turetta, chiedo scusa ma non volevo che mio figlio si suicidasse

È distrutto, quando parla con il Corriere in un’intervista al telefono. “Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Gli ho detto solo tante fesserie. Non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Erano frasi senza senso. Temevo che Filippo si suicidasse. C’erano stati tre suicidi a Montorio in quei giorni. Ci avevano appena riferito che anche nostro figlio era a rischio. Quegli instanti per noi erano devastanti. Non sapevamo come gestirli. Vi prego, non prendete in considerazione quelle stupide frasi. Vi supplico, siate comprensivi“, dice Nicola Turetta.

Le registrazioni del colloquio in carcere con Filippo Turetta

Ieri sono uscite le registrazioni del colloquio in carcere sui media italiani. Riguardano l’incontro del 3 dicembre tra il padre, la moglie Elisabetta Martin e il figlio reo confesso. Nicola Turetta cercava di rassicurare Filippo: “Hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza. Non sei un terrorista. Devi farti forza. Non sei l’unico. Ci sono stati parecchi altri. Però ti devi laureare…”. Delle frasi che hanno scatenato la gogna mediatica, di chi ha giudicato subito le sue parole senza pensare che il padre abbia parlato così solo per cercare di non abbattere ancora di più il figlio.

La famiglia Turetta e la gogna mediatica

“Non ho dormito questa notte. Sto malissimo. Sono uscito di casa per non preoccupare ulteriormente mia moglie e l’altro mio figlio. Ora si trovano ad affrontare una gogna mediatica dopo quel colloquio pubblicato dai giornali. Io ed Elisabetta avevamo appena trovato la forza di tornare al lavoro. Abbiamo un altro figlio a cui pensare, dobbiamo cercare di andare avanti in qualche modo, anche se è difficilissimo. Domani chi avrà il coraggio di affrontare gli sguardi e il giudizio dopo quei titoloni che mi dipingono come un mostro. Ero solo un padre disperato. Chiedo scusa, certe cose non si dicono nemmeno per scherzo, lo so. Ma in quegli istanti ho solo cercato di evitare che Filippo si suicidasse“, ha raccontato Nicola Turetta in lacrime.

La laurea di Filippo Turetta, “logico che non se ne farà nulla”

Poi la specifica sul consiglio di prendere la laurea in carcere al figlio: “Gli ho detto ‘ti devi laureare’, non perché mi interessasse, o perché sperassi in un futuro fuori dal carcere per lui, ma solamente per tenerlo impegnato e non fargli pensare al suicidio. È logico che non se ne farà niente di quella laurea, dovrà giustamente scontare la sua pena per quello che ha fatto”. Dopo sette mesi in carcere, il padre Turetta ha spiegato lo stato d’animo del figlio: “Ora si rende conto di quello che ha fatto. Siamo riusciti infatti ad affrontare l’argomento. Vuole scontare la sua pena. Non ha nessuna speranza o intenzione di sottrarsi alle sue responsabilità”. Poi chiede ancora scusa: “Non pronuncerei più quelle parole, ma era un tentativo disperato di evitare un gesto inconsueto. Mi dispiace davvero tanto”. “Provo vergogna per quelle frasi, non le ho mai pensate”, conclude Nicola Turetta.

Redazione

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