Le toghe non convalidano il trattenimento dei migranti nel centro in Albania, il governo risponde con un decreto legge per provare a superare gli ostacoli giudiziari. Sul tavolo finisce un nuovo testo, approvato dal Consiglio dei ministri in circa mezz’ora, che inserisce dei «correttivi» per evitare altri incidenti di percorso. Ed ecco la soluzione: l’elenco dei paesi considerati sicuri per i rimpatri, finora regolato semplicemente da un decreto interministeriale, viene elevato a norma primaria e dunque non più secondaria. In sostanza si riassume in legge l’indicazione dell’elenco di 19 paesi sicuri sugli originali 22, tenendo conto dell’integrità territoriale ed escludendo Camerun, Colombia e Nigeria. «Offriamo un parametro che sia l’applicazione di una legge rispetto a qualche ondivaga interpretazione», spiega il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Infatti la norma italiana viene potenziata per consentire all’esecutivo di rafforzarsi anche in sede di ricorso. Una strategia per provare a blindare l’asse Roma-Tirana e la posizione di fronte alle norme del diritto europeo che fino a questo momento hanno prevalso sulle decisioni dei giudici.

La stoccata di Nordio

In conferenza stampa non manca la stoccata di Carlo Nordio. «La sentenza della Corte di giustizia europea, molto complessa e articolata, probabilmente non è stata ben compresa o ben letta», tuona il ministro della Giustizia.

Nel fine settimana Giorgia Meloni aveva garantito una via d’uscita rapida, convocando di fretta e furia il Cdm per ieri sera. Gli uffici legislativi di Palazzo Chigi hanno lavorato per ore a una versione in grado di fornire una cornice giuridica certa sull’accordo, limando i dettagli sul rapporto con il diritto comunitario e sui parametri per considerare un paese sicuro. Ma i dubbi restano: sarà un efficace alt per la magistratura o i giudici potranno comunque superare il provvedimento? La partita si gioca tutta qui.

L’Unione europea resta in costante contatto con l’Italia e avverte: «Le misure devono essere pienamente conformi con il diritto comunitario e non devono indebolirlo». E si lavora a una lista Ue sui paesi terzi sicuri per assicurare criteri comuni, visto che a oggi ogni Stato stila la propria. Comunque, precisano da Bruxelles, è presto per prevedere i tempi per arrivare alla decisione: prima bisogna avere un Collegio dei commissari in carica.

È scontro politico

Intanto in Italia lo scontro politico è ad altissima tensione. Il Guardasigilli aveva parlato di sentenza «abnorme» e aveva scatenato l’ira delle opposizioni, in particolar modo del Partito democratico che continua a chiedere a gran voce le sue dimissioni. Il Movimento 5 Stelle presenta un esposto alla Corte dei Conti per accertare eventuali responsabilità erariale per il trasporto dei 16 migranti nel centro allestito in Albania. Il centrodestra invece fa quadrato attorno al Guardasigilli. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, lancia l’idea di un intervento in Costituzione contro la zona grigia per chiarire il confine tra le funzioni della giustizia e quelle della politica: «Una riforma del Titolo IV? Perché no? Potrebbe essere utile una riforma che faccia maggiore chiarezza nel rapporto tra politica e magistratura. Così non funziona».

Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, invita al dialogo tra le istituzioni: «Vi sono dei momenti in cui non è possibile limitarsi ad affermare la propria visione delle cose, approfondendo solchi e contrapposizioni, ma occorre saper esercitare capacità di mediazione e di sintesi». Il monsignor Francesco Savino, vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, fa scattare l’allarme: «I migranti non sono pacchi da sbattere da una parte all’altra. Attenti allo scontro tra poteri».