"Il congresso interno non è una priorità"
Paita: “Italia Viva verso la casa dei riformisti guidata da un nome terzo. Io alla guida della nuova fase? Forse ma mai senza Renzi”
La senatrice ligure – coordinatrice nazionale di IV – indica il percorso che guarda ben oltre l’ipotesi di congresso interno: “Una costituente di tutti i riformisti, ma senza Renzi non c’è Italia Viva”
Raffaella Paita coordina Italia Viva dal giugno 2023. Proviene dal Pd, con una storia marcatamente riformista: era nell’ala liberal di Enrico Morando. Deputata (e presidente della Commissione Trasporti) nella legislatura precedente, adesso è a Palazzo Madama dove è stata capogruppo di Italia Viva dall’ottobre 2022 al luglio 2023.
Il secondo turno del voto amministrativo premia il centrosinistra?
«Farei un’analisi rigorosa: ogni elezione è a sé. Si vota con motivazione differente. Nel caso delle amministrative spesso la scelta è legata alla figura, alla fiducia che ispira. Non darei alle amministrative una valenza politica generale, anche perché la maggior parte dei comuni al voto era già guidata dal centrosinistra che comunque è andato meglio della destra, dimostrando di avere più classe dirigente sul territorio».
Che è successo con il voto europeo?
«C’è stato un vento di destra in tutta Europa che ha portato al ridimensionamento dei riformisti, come si è visto in Francia con Macron».
E per noi, in Italia?
«Il fallimento del terzo polo è stato un elemento negativo per il panorama italiano e ha avuto conseguenze su Azione e Italia Viva. Gli elettori non hanno capito: il dato di Stati Uniti d’Europa e Azione è figlio di quella vicenda. Ci hanno detto: o ricostruite qualcosa che si ispiri a quel messaggio, con un centro riformatore, o non vi premiamo. Però c’è anche un numero da tenere d’occhio: il numero 7. E come è noto i numeri sono testardi. Alle europee, il 7,1%. Alle politiche il 7,8%. Porta con sé una dispersione di voti che sono andati a Forza Italia, Fdi e nel Pd. E poi qualcuno nel non voto».
Perché i due partiti del terzo polo hanno perso?
«Il fatto che i due progetti divisi non abbiano raggiunto la soglia è da imputare alla condanna che gli elettori hanno dato alle divisioni di quest’area. Ma il numero 7 torna. È un po’ meno del 7,8%, perché qualche elettore lo abbiamo già perso».
Di chi le responsabilità?
«Anche qui, serve un’analisi rigorosa. Non si possono assimilare le responsabilità di Renzi e quelle di Calenda: è falso dire che hanno fatto lo stesso percorso. Per costruire il futuro bisogna essere d’accordo su una lettura. Renzi ha preso 207.000 preferenze: ha portato i voti. Calenda ha portato i veti. Si è rifiutato di stare dentro a un progetto di sintesi. E non lo dico per acredine: non deve essercene un briciolo. Ma per fare un’analisi del voto seria. Siamo così disabituati a analisi rigorose».
Nel futuro cosa vede?
«Una azione di ricostruzione, non dello stesso progetto ma di una grande casa dei riformisti. Con le esperienze che abbiamo visto in campo in questa sfida delle Europee. L’obiettivo politico più importante per Italia Viva è contribuire a una casa comune dei riformisti».
Serve il congresso?
«Serve più ragionare su questa casa dei riformisti che fare un congresso interno, una conta ombelicale. Anche perché senza Matteo Renzi non c’è Italia Viva: chi lo afferma, evidentemente non conosce Italia Viva».
Il confronto congressuale è stato annunciato da Matteo Renzi, che si è messo a disposizione per fare un passo di lato…
«Dico quello che penso io, poi Renzi farà le sue scelte: senza Renzi non c’è Italia Viva. Mi auguro che Matteo aiuti a guidare Italia Viva dentro un progetto comune dei riformisti. Se poi proprio si vuole fare il congresso, lo faremo. Semplicemente non lo vedo come una priorità, sono proiettata alla costruzione di qualcosa di più aperto. Se il congresso ci sarà, valuterò se essere protagonista di questo confronto».
Ci sarà una sua candidatura?
«Non lo escludo. Ma preferirei che le nostre energie fossero concentrate alla costruzione di un solido momento programmatico: un vero piano per il paese».
Renzi dice: un terzo nome per il terzo polo…
«Io non lo chiamerei terzo polo, chiamiamolo casa dei riformisti. Se questo progetto prenderà campo è giusto sia guidato da un nome terzo».
Come svolgerebbe il tema?
«Dobbiamo elaborare un grande Piano per il Paese. Sfidando tutti sui contenuti e chiamando a raccolta le migliori energie e intelligenze. Questo Paese non cresce. È vittima di una crisi demografica senza precedenti. Abbiamo un tema di coniugare sviluppo e crescita con obiettivi ambientali che hanno messo il freno alla nostra economia. E dobbiamo ricostruire un sistema di welfare che rischia di precipitare dal punto di vista sanitario e dei servizi».
Con attenzione al sociale, quindi…
«Crescita in primo luogo. Deve essere un’ossessione. E attraverso una maggiore crescita più attenzione sociale. È la discussione che in Gran Bretagna stanno facendo i laburisti: che finalmente possono smettere di avere vocazione minoritaria. In Italia ci vuole un grande piano di collegamento trasportistico con lo sblocco totale delle infrastrutture. Riforme serie come e ‘stato il jobs act del mercato del lavoro, al contrario di quello che dice la vecchia sinistra. E sanità e welfare: se in una famiglia qualcuno si ammala, spesso al dramma emotivo si somma quello economico. Non è possibile, e fare politica è invertire lo stato delle cose».
Idee chiare sui programmi portano a quelle sulle alleanze. Lei è sempre stata una riformista, anche nel Pd era nell’ala liberal. Come si collocherà Italia Viva nel futuro?
«Abbiamo fatto una battaglia per collocarci nel centro riformatore, un posizionamento che ci ha portato sopra al 7%. Ci vuole del tempo per capire se anche nel centrosinistra ci sarà un’evoluzione, e in che senso andrà questa evoluzione. È difficile immaginare un’alleanza con una Meloni che ha ancora tra i suoi posture inaccettabili, ma è anche difficile andare a un’intesa, senza un chiarimento programmatico, con una sinistra che si mette a fare il referendum sul Jobs act e che sulla giustizia non riesce a dire una parola garantista. I due blocchi così come sono devono evolvere, forse noi, con il nostro punto di vista solido, maturo, mai subalterno e responsabile possiamo contribuire a scuotere un sistema politico bloccato. E fare il bene del Paese. Perché la politica serve a questo a migliorare la vita delle persone».
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