«Non mi posso sottrarre a questa suggestione, a questa preoccupazione», aggiunge ripensando alla sua storia. E la preoccupazione di possibili finalità politiche sottese a una qualsivoglia indagine, un processo o sentenza torna a farsi strada adesso alla luce delle rivelazioni sul sistema di strapotere denunciato da Luca Palamara e descritto nel libro Il Sistema che l’ex esponente della magistratura ha scritto con il giornalista Alessandro Sallusti. «È un sospetto legittimo, un aspetto ulteriore della questione e certo non secondario», ribadisce Bobbio intervenendo al dibattito sollevato dal Riformista sul silenzio calato attorno ai retroscena rivelati da Palamara. Gran parte della stampa tace, la politica non interviene.
«Mi sarei aspettato che tutti i vertici degli uffici giudiziari nominati da questo Csm e da quello precedente rassegnassero le dimissioni per consentire di sgomberare il campo da qualsivoglia dubbio o sospetto circa la legittimità delle loro nomine, invece non è accaduto. Solo qualcuno ha fatto ricorso e sarà interessante sapere come sono andati a finire questi ricorsi», dice Bobbio. Palamara ha scoperchiato il vaso di Pandora facendo rivelazioni su nomine e retroscena che hanno riguardato le Procure di tutta Italia – Roma, Milano e Napoli comprese – e spingendo la magistratura in una crisi di credibilità dinanzi all’opinione pubblica. «Ora ci vuole una commissione d’inchiesta, sono stato tra i primi a dirlo – spiega Bobbio – Una commissione modellata sul tipo di quella bicamerale Antimafia, quindi con poteri inquirenti pieni, totali, assoluti, che possa acquisire gli atti, le intercettazioni e tutto il materiale che non è stato valutato. Ma chissà se c’è intenzione di valutarlo», aggiunge riflettendo sull’urgenza di una riforma.
«Va attuato pienamente l’articolo 107 della Costituzione – osserva il giudice – Bisogna arrivare non solo alla separazione delle carriere ma andare oltre, fare in modo che dell’ordine giudiziario facciano parte solo i giudici mentre il pm deve diventare un organo amministrativo». Confinare la pubblica accusa in un ambito non più giurisdizionale comporterebbe una responsabilità automatica dei pm. Inoltre, secondo Bobbio, sono maturi i tempi anche per ragionare su una responsabilità diretta dei magistrati e su sanzioni per limitare il potere di interpretazione delle norme.
«Ci vorrebbero un Parlamento e un Governo non legati alla difesa dell’establishment giudiziario, che non ne siano vittime o sudditi – ragiona Bobbio – E bisogna spezzare i legami con l’informazione che vive di Procure e con le Procure. Quella della normalizzazione del sistema giustizia è la madre di tutte le battaglie: nessun governo, anche con una maggioranza che ha ottenuto il cento per cento dei voti, potrà fare leggi senza che prima o poi una di queste passi per l’imbuto giudiziario rischiando di essere cancellata se non gradita a un certo tipo di magistratura». E sulla questione morale delle toghe? «Il magistrato deve uscire da questa dimensione corale e collettiva, deve tornare a essere solo con il fascicolo e applicare la legge al fatto concreto. Basta con questa visione organicistica della magistratura. Per difendere ruolo e potere si finisce per perdere considerazione e credibilità».