Un esito che non stupisce. Luca Palamara, ex pubblico ministero a Roma ed ex presidente dell’Anm, è stato rinviato a giudizio per tutti i capi d’imputazione che gli sono stati contestati dai magistrati di Perugia guidati da Raffaele Cantone.
In particolare lo ‘zar delle nomine’ dovrà rispondere del reato di corruzione in relazione alle “utilità” (pagamento di viaggi, soggiorni, cene e lavori vari) ricevute dall’imprenditore Fabrizio Centofanti in cambio, secondo l’accusa dei pubblici ministeri umbri, della messa a disposizione della sua funzione.
Il processo nei confronti di Palamara inizierà il prossimo 15 novembre, così come per l’amica Adele Attisani, anche lei imputata per concorso in corruzione per un atto d’ufficio e considerata dai pm “istigatrice” delle presunte condotte illecite di Palamara. Quanto a Centofanti, il gup di Perugia Piercarlo Frabotta ha accolto la richiesta di patteggiamento a un anno e sei mesi.
Un provvedimento, quello del gup Frabotta in merito al rinvio a giudizio di Palamara, che “ha dato ragione all’impostazione della procura di Perugia e ha sottolineato la correttezza del suo operato”, ha commentato Cantone. “Siamo consapevoli che si tratta di un primo passo, ma si tratta di un primo passo particolarmente importante”, ha spiegato all’Agi il capo della procura.
Palamara invece ha commentato l’udienza preliminare come “passaggio stretto e obbligato”, mentre l’udienza pubblica “servirà a far emergere la verità e la mia innocenza”. “Le prove documentali dei pagamenti effettuati sono insuperabili. Continuerò sempre a battermi per una giustizia giusta”, ha sottolineato all’uscita dall’aula. “Non temiamo affatto l’approfondimento dibattimentale e siamo certi che in quella sede si potranno chiarire a 360 gradi tutti gli aspetti di questa vicenda ed emergerà pienamente l’innocenza del mio assistito”, ha spiegato da parte sua l’avvocato Benedetto Buratti, che, insieme a Roberto Rampioni, difende l’ex consigliere del Csm.
È stato invece assolto dal gup l’ex procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio, accusato di rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio nell’ambito di uno dei filoni d’inchiesta che coinvolgono Luca Palamara. Fuzio, che si è limitato a ringraziare i suoi avvocati all’uscita dall’aula, aveva ottenuto il rito abbreviato. A parlare per Fuzio è stato il suo avvocato, Grazia Volo, che ha definito la sentenza “il riconoscimento della buona fede” dell’ex Pg della Cassazione, “rispettoso delle istituzioni, che si è difeso nel processo e non dal processo ed è stato riconosciuto per quello che è”.
LE TAPPE DELL’INCHIESTA – La bufera scoppia ‘ufficialmente’ il 29 maggio 2019, quando Palamara viene perquisito dalla Guardia di Finanza, accusato di corruzione in relazione alle “utilità” ricevute dall’imprenditore Centofanti in cambio della messa a disposizione della sua funzione.
Ma lo scandalo che travolge la magistratura arriva in realtà dal trojan installato sul telefono del sostituto procuratore di Roma e consigliere del Csm. Telefonate in cui si parla di nomine, incarichi, magistrati da spostare: caso principe è quello del successore di Giuseppe Pignatone al vertice della procura di Roma, di cui Palamara discute in una cena all’hotel Champagne di Roma assieme all’ex ministro dello Sport, Luca Lotti, e col collega Cosimo Ferri, deputato di Italia Viva e leader storico della corrente di destra Magistratura indipendente.
Quando scoppia il ‘bubbone’ il Consiglio superiore della magistratura viene travolto, con cinque consiglieri sostituiti e l’allora procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio indagato per aver rivelato a Palamara dettagli sull’indagine a suo carico (Fuzio oggi è stato assolto, ndr).
Tra settembre e ottobre dello scorso anno Palamara viene prima espulso dall’Anm, l’Associazione nazionale magistrati, e poi radiato dalla magistratura dalla sezione disciplinare del Csm. Oggi la decisione del Gup Piercarlo Frabotta di rinviare a giudizio lo ‘zar delle nomine’.