L’interrogatorio dei responsabili della polizia postale è previsto per domani mattina davanti al gup del Tribunale di Perugia Piercarlo Frabotta. L’attesa è tanta. Da come risponderanno i funzionari di polizia dipenderà il destino del Palamaragate e, a “cascata”, di tantissimi processi basati sulle intercettazioni telefoniche e ambientali. In particolare, quelli effettuati tramite gli apparati forniti da Rcs, la società milanese leader degli ascolti nel nostro Paese, con un bilancio di oltre 30 milioni di euro.
Tutto nasce dalla perizia effettuata da parte dei consulenti tecnici della difesa del giudice Cosimo Ferri, attuale deputato di Italia viva sotto procedimento davanti alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura per i fatti dell’hotel Champagne del maggio del 2019. I consulenti di Ferri, gli ingegneri Paolo Reale e Fabio Milana, hanno scoperto che il server che ha gestito il trojan inserito nel telefono dell’ex zar delle nomine Luca Palamara era ubicato a Napoli. Dal momento che gli ascolti furono effettuati, su disposizione dei pm di Perugia, a Roma nella sede del Gico della guardia di finanza, l’apparato doveva essere ubicato presso i locali della Procura della Capitale.
Una sua differente collocazione renderebbe nulli tutti gli ascolti con conseguenze difficilmente prevedibili al momento per i processi in atto. A disporre l’ispezione sono state le Procure di Napoli e Firenze. Il procuratore di Napoli Giovanni Melillo ha poi provveduto a interrompere le attività di Rcs. Gli accertamenti, dunque, saranno utili per capire quali siano stati i passaggi su quel server. Duilio Bianchi, l’ingegnere responsabile tecnico della società Rcs, aveva ammesso l’esistenza del server a Napoli. Per questa vicenda era stato poi indagato per frode in pubbliche forniture, a seguito di un esposto presentato da Ferri, dai pm di Firenze. Per “salvare” il Palamaragate bisognerà affermare che si tratti di un server di transito, un server che si occupa solo di inoltrare i dati che riceve al server successivo senza compiere nessuna operazione aggiuntiva. Un server che, invece, compie delle operazioni sui dati che riceve non può essere considerato di transito. Rendendo tutto inutilizzabile.
Bianchi nel descrivere il funzionamento del server aveva precisato che “l’audio inviato, una volta arrivato sul server, veniva cancellato dal terminale (telefonino); sul server i vari pezzetti di audio venivano riassemblati fino alla ricomposizione dell’audio originale”. Ricevere i “vari pezzetti di audio” prodotti e inviati dal captatore e poi “riassemblare” il file audio criptato per una successiva decriptazione per renderlo così in chiaro sono tutte operazioni di un server non di transito. Ed infatti erano le considerazioni fatte dai consulenti di Ferri: «Questo elemento necessariamente costringe a confermare come l’attività di questo server non possa considerarsi tecnicamente “un transito”, perché oltre alle elaborazioni di cui sopra, si sarebbe occupato anche di tutta la gestione della programmazione dei calendari di registrazione».
«Alla luce di quanto appena descritto, il server da un punto di vista tecnico non può, e non può essere considerato, un mero server di transito in quanto elabora i dati che gli arrivano prima di inoltrarli”, era quanto indicato nella relazione conclusiva della difesa di Ferri. L’ultima parola su questa vicenda, domani, spetterà alla polizia postale.