Palermo è una città di “pititto”. In parole chiare per tutti: fame, che calmiamo con tanti mangiari poveri di strada, oggi street food, dalle panelle allo sfincione. E questa sua attitudine ad alcuni ha fatto aguzzare l’ingegno per cercare “piccioli”, i soldi, darsi da fare, ammazzarsi di fatiche inenarrabili per campare in una terra ostile al lavoro. Altri, con medesimo aguzzar di intelletto, hanno scelto una strada contraria: come dei salmoni si astengono dal faticare, sono nati stanchi”, rifiutano il lavoro tradizionale e si danno alla comicità.

I nati stanchi

I primi nati stanchi di successo sono stati Ficarra&Picone, ormai una holding della natura comica palermitana, ma insieme a loro tanti altri hanno cominciato a occupare il mandamento della comicità. In principio ci furono Franco Franchi e Ciccio Ingrassia: solo loro potevano inventarsi l’Esorciccio. Oggi ci sono Teresa Mannino e Sergio Friscia, Angelo Duro e Matranga e Minafò, i Sansoni che sono ora sugli schermi, Roberto Lipari, Ernesto Maria Ponte, fino a Francesco, detto Ciccio, Bozzi che la comicità la scrive per la televisione. Quest’ultimo è l’autore – oltre che di Fiorello – della “Filosofia del Suca”, espressione tipicamente palermitana che è un inno al fregarsene del logorio della vita moderna, come diceva Calindri nella pubblicità del Cynar, a rifiutare conformismi, assuefazioni, globalizzazioni e appartenenze.

Dalla noia esce fuori il genio

Di fatto, rappresenta il ribellismo agli stili di vita imposti, a cui viene opposto questa parola logo che definisce il rifiuto alla noia altrui. E proprio dalla noia, da quei baretti di quartiere dove sostano gli sfaticati, dall’ozio padre dei vizi, esce fuori il genio, la parodia, lo sfottò, la gag da cabaret, che unisce tutti i palermitani, di qualunque ceto e religione. Noi palermitani siamo tra i più poveri, tra le grandi citta; siamo stati la capitale del reddito di cittadinanza. Ma ce la sentiamo molto, perché una risata poi spazza via qualunque miseria.