C’è qualcosa che accomuna le mozioni, in discussione oggi alla Camera, presentate rispettivamente dal Pd, dal Movimento 5 Stelle, da Alleanza Verdi e Sinistra e dalla stessa maggioranza di governo a proposito del “riconoscimento” dello “Stato di Palestina”. E ciò che accomuna tutte queste mozioni (in giornata potrebbero aggiungersene altre) è ciò che in tutte manca completamente: vale a dire il riconoscimento che i terroristi e i civili palestinesi che hanno perpetrato i crimini del 7 ottobre hanno proseguito per nove mesi a commetterne rendendosi responsabili del disastro sotto gli occhi di tutti.

La distinzione di Azione

Lo hanno fatto tenendo in ostaggio centinaia di israeliani, torturandoli e ammazzandoli un po’ alla volta. Lo hanno fatto usando due milioni di palestinesi come sacchi di sabbia e infilandosi con i loro arsenali nelle scuole, nelle chiese, nelle moschee, negli ospedali adibiti a bunker. Lo hanno fatto bombardando i valichi per il passaggio degli aiuti e confiscando il cibo per poi rivenderlo agli affamati. Tutto questo manca in tutte le mozioni oggi in discussione (dalle quali si distingue, va detto, quella di Azione, che ha almeno il merito di non accodarsi al corteo bipartisan dei “Due popoli, due Stati” senza se e senza ma).

Lo Stato di Palestina

Manca la denuncia dei responsabili effettivi delle stragi e della “catastrofe” umanitaria di cui pure giustamente ci si indigna; manca – imperdonabilmente – il chiarimento che ogni ipotesi pur velleitaria, pur sognante, pur inattuale di “riconoscimento” del cosiddetto “Stato di Palestina” suppone in ogni caso l’impegno della comunità internazionale a liberare i palestinesi dal giogo delle milizie terroristiche e dalle propensioni genocidiarie delle dirigenze che ne comandano le azioni e ne nutrono le ambizioni. E manca la pretesa che siano anche i palestinesi a liberarsene.

Il diritto ad avere uno Stato

Se il capo di Gaza, Yahya Sinwar, dice “abbatteremo la frontiera con Israele e strapperemo i loro cuori dai loro corpi”, chi lo ascolta (lo hanno ascoltato, i sottoscrittori di quelle mozioni?) non può limitarsi a sperare che il cosiddetto “Stato di Palestina” non abbia in quel macellaio, o in un suo omologo, il plenipotenziario o il burattinaio. Né può limitarsi a organizzare paragrafi che evocano l’ipotetico carattere “democratico” dello Stato da riconoscere senza considerare la sanguinaria avversione della realtà che concretamente si oppone a quei vagheggiamenti. Dicono una cosa, con quella singola eccezione, tutte quelle mozioni: dicono che il pogrom è una scelta efficace, produttiva, per vedere riconosciuto il proprio diritto di avere uno Stato.