È pann stis, a voce d’e criatur miez avi, a signor ca allucca semp, ‘o pallon oggetto mistico simbolo di amicizie viscerali e tragedie greche. Napoli chest’è. In tutto il mondo se si parla di Napoli si parla di queste piccolezze che sono la sua anima. Napoli si regge e resiste al tempo, ai delinquenti, alla miseria, alla fame, al disordine anche perché è fatta così. È tollerante. È accogliente. È solidale. Una mano lava l’altra. Perché lo stiamo scrivendo? Perché in città c’è stata una vera rivolta dopo le esternazioni di Palazzo San Giacomo che ha spiegato come intende cambiare il volto della nostra Napoli.

Ci fosse stato ancora Masaniello, saremmo stati in procinto di altre quattro giornate, con le dovute proporzioni, per tutelare anche questo nostro patrimonio. Prima notizia che ha fatto incazzare non poco i napoletani: niente panni stesi. Si tratta di decoro urbano. Per carità, il decoro serve, ma i panni stesi da palazzo a palazzo sono iconici come il sorriso di Sofia Loren. E così c’è stata la levata di scudi per difendere quel filo bianco che fa da tetto nei vicoli stretti. Il sindaco Manfredi, che forse farebbe bene a occuparsi di questioni ben più serie ‘re pann stis’, ha fatto marcia indietro. «I panni stesi tra balcone e balcone sulla testa dei passanti nei vicoli sono un punto di rappresentatività della città, ma anche un punto di mancanza di decoro – ha sottolineato il primo cittadino – Dobbiamo sempre mantenere un confine tra quello che è la nostra tradizione popolare e l’ordine. Ma non penso che ordinanza dei panni stesi esisterà mai ». E assicura: «Resteranno, nessuno ha mai pensato di non stendere i panni».

Sulla questione dei panni stesi ha alzato la voce lo scrittore Maurizio De Giovanni che nei suoi romanzi racconta proprio le particolarità di Napoli. «Siamo la città della tolleranza – ha tuonato – Se uno non è tollerante, se ne deve andare – aggiunge – siamo una comunità che per 10 mesi l’anno ha le finestre aperte, vive in strada. E di questo bisogna prendere atto e farsene una ragione. Ma a Napoli – continua – non ricordo nessun turista scappare urlando per gocce d’acqua cadute dai panni stesi». E ancora «rimane la sensazione che la lista delle priorità per Napoli è un’altra ». Eh sì, di cose da fare ce ne sarebbero tante, tantissime. Altro che decoro urbano minacciato dai panni. La sensazione è che si vogliano fare ordinanze per colpire quella parte del popolo autentica, che per fortuna, ancora respira e vive secondo la tradizione più antica. Perché ci sono altre cose che Palazzo San Giacomo vorrebbe abolire.

Nella bozza di Regolamento del Comune di Napoli, tra gli altri comportamenti vietati c’è anche quello di innaffiare i fiori sul balcone «procurando stillicidio sulla strada»; sbattere dalla finestra o dal terrazzo tappeti, tovaglie, indumenti, materassi e simili, scaricare sulla strada «acque e liquidi derivanti da pulizie e lavaggi», far gocciolare «sulla pubblica via» l’acqua dei condizionatori; buttare a terra mozziconi di sigaretta o gomme da masticare. Per carità alcune osservazioni sono giuste e le troviamo in tutte le città italiane, ma altre fanno un po’ sorridere. Si ride per non piangere, sia chiaro. Per esempio, è vietato, tra l’altro, giocare a pallone, circolare in monopattino o con i pattini, coi carrelli per la spesa. Caro Sindaco, magari ci fossero ancora i ragazzini sudati e sporchi di terra a giocare con il pallone, magari. Oggi sono attaccati agli smartphone o peggio, impegnati a prendersi a mazzate. E poi Giunta e sindaco qui non siamo in Svizzera, siamo a Napoli, ed è vero che dobbiamo migliorare, siamo i primi a gridare a gran voce la voglia di vivere una città normale, ma deve esserci stato un fraintendimento: per normalità si intendeva trasporti efficienti, strade illuminate, movida sicura, servizi del Comune veloci. Che c’azzeccano i panni stesi e i ragazzini che giocano a pallone?

Avatar photo

Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.