A Napoli la stella del centrodestra non ha mai brillato nemmeno negli anni di quella piazza Matteotti piena fino all’inverosimile, incantata e osannante ad ascoltare Giorgio Almirante, né si può definire modello l’esperienza amministrativa del laurismo. La seconda Repubblica vide protagonisti i sindaci e, tra questi, Bassolino fu capace di riempire di sentimento e speranza il vuoto dell’ultima stagione asfittica delle amministrazioni post-terremoto di centrosinistra, più inclini alla gestione che alla prospettiva.

Talmente forte fu quel sentimento magico che legò popolo e intellighenzia, che consentì alla sinistra, poi orfana di leader e carisma, di prevalere anche successivamente portando a palazzo San Giacomo Rosa Russo Iervolino, nonostante fosse stata scelta “in laboratorio” e priva di radicamento sociale e politico. La destra e il centrodestra persero con l’ottimo Emidio Novi e il giovane e brillante Antonio Martusciello, con il questore Franco Malvano e, infine, con le sconfitte annunciate di Gianni Lettieri. Questo per puntualizzare come, anche quando a livello nazionale prevaleva il centrodestra, anche quando in Campania si elessero oltre 50 parlamentari di centrodestra, 35 erano di Forza Italia, anche quando Rastrelli prima e più di recente Caldoro raggiunsero lo scranno più alto di Palazzo Santa Lucia a Napoli il centrodestra avanzava con fatica. Con difficoltà si arrancava tra la destra identitaria e marginale, autoreferenziale e nostalgica, e il centro riformista e liberale, imborghesito e troppo spesso attratto dalle sirene gestionali delle amministrazioni di centrosinistra, pronte ad agguantare di volta in volta esperienze di destra nel modello che De Luca ha brevettato: decine di liste civiche in attesa di accasarsi tra prebende e incarichi.

Il centrodestra oggi sconta una ulteriore criticità: l’assenza di un leader riconosciuto e soprattutto di una formazione politica che faccia da guida. Lo è stata Forza Italia in questo quarto di secolo scorso: oggi non lo è più, ridotta com’è ad una conventicola da cui escono lamenti e mai una pur flebile proposta per la città. Non lo è Fratelli d’Italia, a cui va dato il merito di accogliere tanti elettori e dirigenti in libera uscita da Forza Italia, né può esserlo la Lega di Salvini che, pur avendo il vantaggio di una libertà ideologico-programmatica, non si impegna a suggerire soluzioni “meridionali” ai tanti problemi che pur sa indicare. Il centrodestra, per aspirare a guidare la capitale del Mezzogiorno, deve identificarsi negli uomini e rilanciare in chiave di proposta la grande questione meridionale che l’emergenza-Covid ha reso ancor più grave.

I movimenti civici, le associazioni e le esperienze di rete territoriale rendono palpitante un sentimento di conoscenza, appropriatezza e “messa a disposizione” di questioni e soluzioni: una sorta di banca delle idee e del buonsenso. Meno male che ci sono! Ai partiti tutti, a quelli del centrodestra di più, se aspirano a una guida in città non legata al fuoco di paglia di un candidato salvifico inventato all’ultimo minuto, tocca rifondarsi nel confronto costante con i sentimenti più profondi della nostra città e formulare una proposta di sistema. La montagna di debiti sotto la quale sopravvive a stento Napoli impone una “legge speciale” che consenta investimenti infrastrutturali imponenti. Penso ai trasporti lumaca, agli autobus sudici e maleodoranti a dispetto delle norme imposte dalla pandemia.

Penso alla rete ospedaliera che va rinnovata del tutto. Penso agli impianti sportivi che, anche quando risistemati grazie alle inutili Universiadi, sono chiusi al pubblico. Penso alle scuole, agli asili per i quali abbiamo un record nazionale, in negativo purtroppo. Penso alla domanda inevasa di migliaia di nostri concittadini che non ce la fanno ad andare avanti tra risposte balbettanti e ritardi biblici. Penso ai nostri ragazzi che, quando pur si laureano qui, sono costretti a scappare per lavorare e vivere meglio. Penso a una illegalità diffusa e tollerata. Cominciamo da questi temi a pretendere per la nostra città più cura e attenzioni, meno proclami chavisti e meno flotte per accogliere i clandestini. Il centrodestra può risollevarsi se è liberale e riformista, europeo e patriottico, colto, ma non elitario.

Troppo facile e farisaico affidarsi in chiave messianica ai soli movimenti civici e alle straordinarie esperienze professionali e culturali della città. Napoli lo ha già fatto esattamente dieci anni or sono, pensando che la rivoluzione arancione di de Magistris avrebbe dato le risposte attese. Zero in chiave di rappresentanza: ve lo ricordate il velleitarismo assembleare e inconcludente del primo mandato e le fughe di decine di autorevoli consiglieri e importanti assessori bruciati in un turnover da guiness? Zero in chiave di proposte: tipicamente micro-populiste, dal conio di una moneta alle guerre mondialiste. Zero in chiave politica: né sinistra né destra, semplicemente demagogia autoassolutoria con tanti nemici funzionali alla narrazione, i poteri forti, quelli non mancano mai, la Regione, il governo di turno, l’Europa e miliardi e miliardi di debiti che gravano sulle spalle dei nostri figli.

Ragionare oggi delle elezioni comunali del 2021, dando per acclarata la sconfitta del centrodestra fra un mese, la dice lunga sullo stato dell’arte. Il 2021 andrà costruito sulla esperienza di questa campagna elettorale per il Consiglio regionale per la quale ancora bisogna impegnarsi strenuamente nonostante la teoria infinita di errori dei capetti del centrodestra a Napoli e a Roma. Troppo facile e comodo ricominciare dal 22 di settembre resettando tout court il risultato e attribuirlo al destino cinico e baro!