Mentre una parte del Paese continua a inseguire le sirene del giustizialismo, raccogliendo firme a favore dell’ergastolo, Papa Francesco, incontrando i penalisti internazionali in Vaticano, ha messo in guardia dal ritorno del nazismo e ha polemizzato contro il linguaggio dell’odio, l’ergastolo, la carcerazione preventiva e la legittima difesa. Sono parole durissime, parole bellissime. Durissime contro chi ha riportato il mondo alla legge della vendetta, del sangue, della gogna. Bellissime per chi ancora crede nella democrazia, nei valori costituzionali e umani. «Sono ammirato ed entusiasta per le parole del Pontefice – ha commentato il presidente dell’Unione Camere penali, Gian Domenico Caiazza, tra i partecipanti all’incontro -. Sono pienamente in sintonia con quanto le Camere penali denunciano da decenni in ordine all’abuso della custodia cautelare e alle sue ricadute sui livelli di civiltà del nostro Paese. Ma c’è da riflettere – sottolinea amaro Caiazza – sul fatto che sia necessaria una denuncia del Pontefice per mobilitare le coscienze mentre la politica ha del tutto rinunciato al suo ruolo di custode dei valori costituzionali».

Quei politici come Hitler
Anche per papa Francesco la politica oggi è parte del problema, a tal punto che il Papa quando sente certi discorsi pensa a Hitler. «Si riscontrano episodi purtroppo non isolati, nei quali trovano sfogo i disagi sociali sia dei giovani sia degli adulti. Non è un caso che quando sento qualche discorso di qualche responsabile del governo mi vengono in mente i discorsi di Hitler nel ’34 e nel ’36». Il nazismo – continua Francesco – «con le sue persecuzioni contro gli ebrei, gli zingari, le persone di orientamento omosessuale, rappresenta un modello negativo per eccellenza di cultura dello scarto e dell’odio». Per questo «occorre vigilare, sia nell’ambito civile sia in quello ecclesiale per evitare ogni compromesso con queste degenerazioni». Nessuna volontà di minimizzare come tendono a fare alcuni esponenti politici italiani, nessuna intenzione di far finta di nulla, di girarsi dall’altra parte. Francesco tratteggia un quadro a tinte fosche di cui fa parte, a pieno titolo, il giustizialismo. Oggi, sottolinea, corriamo il rischio dell’idealismo penale, quella «visione idealistica che assimila il dover essere alla realtà». Cioè, spiega, «l’imposizione di una sanzione non può giustificarsi moralmente con la pretesa capacità di rafforzare la fiducia nel sistema normativo». È questa la parte più teorica che poi lascia spazio ai dati, alle proposte, all’indignazione. Per esempio contro l’ergastolo.

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No all’ergastolo
«In ogni delitto c’è una parte lesa e ci sono due legami danneggiati. Ho segnalato che tra la pena e il delitto esiste una asimmetria e che il compimento di un male non giustifica l’imposizione di un altro male come risposta. Si tratta di fare giustizia alla vittima, non di giustiziare l’aggressore». Il modello è Cristo, quel Cristo che subisce la violenza della Croce, ma con la resurrezione porta nel mondo un messaggio di pace e di speranza. Una speranza che per Francesco deve vivere anche nelle carceri, soprattutto nelle carceri, là dove invece una parte della magistratura, dell’informazione e della politica vorrebbe chiudere per sempre le persone. Per il Papa no, quei luoghi devono essere attraversati dalla speranza e c’è solo un modo: dire no all’ergastolo. «Le carceri devono avere una finestra. Occorre ripensare sul serio l’ergastolo». «Le nostre società sono chiamate ad avanzare verso un modello di giustizia fondato sul dialogo, sull’incontro. Non credo sia una utopia, ma sicuramente una grande sfida».

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No alla carcerazione preventiva
È un Papa molto informato, partecipe, quello che parla con i penalisti. Conosce i loro dubbi, le loro angosce, le loro battaglie. come quella fondamentale contro l’abuso della carcerazione preventiva. Francesco si fa uno di loro e dice: «Nel nostro precedente incontro avevo segnalato con preoccupazione l’uso arbitrario della carcerazione preventiva. Purtroppo la situazione si è aggravata in diverse nazioni e regioni, dove il numero dei detenuti senza condanna già supera ampiamente il cinquanta per cento della popolazione carceraria. Questo fenomeno contribuisce al deteriorarsi delle condizioni di detenzione ed è causa di un uso illecito delle forze di polizia e militari per questi fini. La reclusione preventiva, quando è imposta senza che si verifichino circostanze eccezionali o per un periodo eccessivo, lede il principio per cui ogni imputato deve essere trattato come innocente fino a che una condanna definitiva stabilisca la sua colpevolezza».

Lawfare
È un Bergoglio scatenato che attacca la modifica della legittima difesa («è importante che la comunità giuridica difenda criteri tradizionali per evitare la demagogia punitiva») e l’uso della giustizia per contrastare gli avversari politici (“lawfare”). Francesco non rinuncia alla sua battaglia contro le speculazioni finanziarie, che considera la causa della crisi ambientale, della povertà, delle immigrazioni, ma proprio per quello distingue tra giustizialismo contro la politica e lotta agli scambi illeciti e ai paradisi fiscali. «Si verifica periodicamente che si faccia ricorso a imputazioni false contro dirigenti politici, avanzate di concerto da mezzi di comunicazione di massa, avversari e organi giudiziari colonizzati. In questo modo, con gli strumenti propri del “lawfare” si strumentalizza la lotta, sempre necessaria contro la corruzione con il fine di combattere governi non graditi, ridurre i diritti sociali e promuovere un sentimento di antipolitica del quale beneficiano coloro che aspirano a esercitare un potere autoritario». Una vera lezione di Diritto, una lezione di civiltà. Ora non resta che impararlo a memoria.

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Angela Azzaro

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