La scomparsa di Papa Francesco – per quanto le sue condizioni fossero ben più che precarie – è stato un fulmine a ciel sereno nella mattinata del Lunedì dell’Angelo dell’Anno giubilare, che segue la domenica di una Pasqua celebrata contemporaneamente da tutte le Chiese cristiane. Alle celebrazioni Francesco ha voluto partecipare, pur affaticato, sin dalla Veglia seguita alla Messa in “Coena Domini” dello scorso giovedì: concedendosi ai fedeli in Piazza San Pietro proprio nella domenica di Pasqua, in quello che rimarrà come un commiato in mezzo a quel popolo di fedeli a cui Francesco, pur nella sua unicità, ha voluto dar voce, in questa stagione così traumatica nella vita della cristianità e dunque dell’Occidente, che proprio su di essa, al di là delle illusioni di alcuni, è fondato.

La scomparsa del Santo Padre spazza via – con “il sussurro di una brezza leggera” – tutte quelle voci che di rinunce, dimissioni e cedimenti hanno accompagnato quasi interamente la seconda parte del suo Pontificato. Spesso il Santo Padre nell’era digitale è stato erroneamente pensato come una figura “pop”, invece di essere compreso per quello che è e sarà: il custode, la guida, il vicario di Cristo sulla terra. Una figura ponte tra Dio e la Chiesa, colui al quale è affidata la missione e la responsabilità che Gesù concesse a Pietro. Francesco ha dimostrato a suo modo come il ministero petrino vada vissuto intensamente, anche con le poche forze rimaste. Sul piano politico – non solo per il ruolo che la Chiesa ha avuto e tuttora ricopre nel mondo, in quanto voce di oltre un miliardo di fedeli che abbracciano la fede “secondo il credo della Chiesa” – Francesco ha inciso più di quello che riusciamo a cogliere con gli occhi dell’oggi, sia per la sua capacità di parlare politicamente anche a chi non crede sia per aver spostato l’intervento politico su un piano diverso, geopolitico e globale. E per questo spesso accusato di tralasciare aspetti impellenti nella vita spirituale della Chiesa.

Il Papa né progressista né conservatore

Un Papa spesso definito “progressista” per quella che è la necessità di apporre un’etichetta, e anche per molti il mezzo attraverso cui appropriarsi delle parole del Papa, salvo poi scoprire che – come uomo di fede – il Santo Padre non era né progressista né conservatore, ma semplicemente il Papa; una voce libera e motivata dalle sue esperienze di vita, oltre che dal Vangelo. Un Pontefice che innegabilmente ha spesso direttamente e indirettamente cozzato con quella destra conservatrice che ha fatto della testimonianza del suo predecessore Benedetto XVI una parte essenziale della propria dottrina politica, soprattutto in quella crisi dell’Occidente vista con lo sguardo europeo, estraneo a Papa Francesco. Un uomo che ha inteso spostare dall’Europa secolarizzata al Sud del mondo il centro delle speranze della Chiesa del futuro. Ma, come spesso accade, le parole del Santo Padre sono state utilizzate e manipolate ad usi politici, consci dell’impossibilità dello stesso Francesco di scendere su determinati terreni.

Le polemiche

Tra Papa Francesco e le destre non vi è mai stato alcun contrasto o rottura; polemiche molte, su temi connessi all’immigrazione, ma mai è venuto meno il rispetto per il ruolo del Papa. Così come i conservatori in Italia e nel resto del mondo non potranno fare a meno di rielaborare il pensiero di Bergoglio, come già del resto avvenuto su temi come la difesa del Creato che è il termine con cui il mondo conservatore affronta le problematiche connesse all’ambiente.

Il rapporto tra destra e Bergoglio – anche nelle sue fasi più conflittuali – è sfociato in una dialettica all’interno della cristianità intesa nel suo senso più ampio, tra chi non solo è consapevole di appartenervi, ma ne riconosce valori e princìpi. E le dichiarazioni di oggi – da Donald Trump che ha vissuto momenti alterni come Francesco, a Giorgia Meloni che con il Santo Padre ha rivendicato un rapporto splendido, ben oltre la forma istituzionale – hanno dimostrato la robustezza di un legame profondo tra cristianità e conservatorismo, e dunque tra valori cristiani e azione politica del mondo conservatore.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.