L’ultimo dono di Papa Francesco potrebbe essere informale e perfino irriverente, come d’altronde era la cifra dello stesso Pontefice scomparso. A margine delle solenni esequie in Piazza San Pietro le cancellerie di mezzo mondo si stanno già facendo l’occhiolino. Sono oltre 170 le delegazioni di rappresentanti di Stato e di governo in arrivo nella Capitale per rendere omaggio al Papa, insieme alle oltre duecentomila persone attese in Vaticano.

Il funerale diplomatico…

Circa 50 i Capi di Stato e 10 Sovrani regnanti. Tutti contriti e commossi, sì, ma con un occhio fisso al cellulare. Gli emissari si telefonano per fissare appuntamenti che, protetti dalla gran folla e intermediati dagli staff, diventeranno appostamenti. Le delegazioni degli Stati Uniti, dell’Unione Europea, dell’Ucraina, del Regno Unito e di Taiwan si troveranno insieme, chi arrivando prima, domani pomeriggio, chi ritardando la partenza nella serata di sabato. Sono tutti intenzionati a trasformare il funerale di Bergoglio in una sessione diplomatica. Nelle ventiquattro ore romane, i più proveranno a incontrarsi alla chetichella, a vedersi anche solo mezz’ora, inosservati, quasi clandestini. Se Donald Trump, complici i dazi, è il più richiesto per i bilaterali all’ombra del Cupolone, sarà Giorgia Meloni – Papessa per un giorno – a menare le danze. Trovandosi a fare inevitabilmente anche da cabina di regia per dare una priorità politica ai pourparler. E per dare supporto, con gli apparati, il cerimoniale, i funzionari della Farnesina alla logistica di quelle furtive riunioni.

Come succedeva un tempo a margine delle messe della domenica, quando le future coppie si studiavano al riparo da sguardi indiscreti, i leader mondiali provano a ritagliare dall’agenda ufficiale qualche ora preziosa. Perfino i comunicati ufficiali scolorano nel rosa: l’Unione europea – fa sapere una nota – non esclude un incontro tra Trump e Von der Leyen, sabato: «Stiamo valutando la possibilità di incontrarci» anche se «al momento non c’è nulla di confermato» ha detto Paula Pinho, portavoce della presidente della Commissione Ue, interpellata nel briefing con la stampa in merito a possibili incontri della presidente dell’esecutivo Ue il presidente americano. «L’obiettivo principale» del viaggio di von der Leyen, viene precisato, «è davvero il funerale di Papa Francesco».

Meloni mastica amaro

Ma anche la ridondanza di questa specifica suona rivelatoria. «Se si presenteranno altre opportunità, a margine del funerale, allora saranno, ovviamente, d’aiuto». Senza invocare lo Spirito Santo, le opportunità sotto al cielo di Piazza San Pietro non potranno mancare. Giorgia Meloni, filtra da ambienti di Palazzo Chigi, mastica amaro: ha lavorato con tenacia all’incontro con Trump, non può vedere di buon occhio un incontro tra la Casa Bianca e la Ue che la tenga fuori, proprio a Roma. «Non credo proprio che Trump e Von der Leyen possano riunirsi senza Meloni», appunta un senatore di FdI vicino alla premier. D’altronde lo stesso presidente americano, in tutta probabilità, preferirebbe la presenza di una “mediatrice” amica come Meloni, se dovesse trovarsi riunito con Von der Leyen. E la delegazione americana piuttosto nutrita, con una trentina tra rappresentanti della Camera e senatori, è tanto ampia da lasciare aperti diversi scenari, inclusi quelli di pourparler paralleli tra incaricati dall’amministrazione americana e delegazioni istituzionali comunitari.

Antonio Tajani, deciso a non lasciare tutta la scena alla premier, dal Cairo – dov’era ieri in visita – ha ribadito che l’Italia lavora per una «pace giusta in Ucraina ossia non la resa di Kiev ma la fine di un conflitto avviato dalla Russia». In questo quadro, ha aggiunto, «sosteniamo anche gli sforzi americani per arrivare ad un accordo che porti un cessate in fuoco». Con l’obiettivo di una «pace con giustizia per tutti, inclusi gli ucraini». In piazza San Pietro ci sarà d’altronde anche il capo della diplomazia mondiale, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. La Russia a Roma sarà rappresentata dalla ministra della cultura Olga Lyubimova.

L’inviata di Putin

La ministra è una ex conduttrice televisiva nota per avere in uggia quei vecchi edifici sulle cui pareti ha visto appese file di quadri: quelli che noi europei chiamiamo musei. «Ho perso tempo a visitare il British Museum e il Louvre, che noia», avrebbe detto in un talk show, tornata in patria. Fedelissima di Putin, la Cpi non l’ha sanzionata, e neanche l’Ue. Il Regno Unito invece sì: dal 17 luglio 2023, Lyubimova è entrata a pieno titolo tra le personalità sgradite sul suolo inglese, colpevole di aver “usato la sua posizione per supportare l’aggressione russa all’Ucraina” con particolare riguardo all’operazione che ha condotto al sequestro di decine di migliaia di bambini ucraini.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.