“Pazzi Pazzi”, ha gridato il papa ai governi europei che hanno portato al 2 per cento le spese militari. I direttori dei giornali, immagino, hanno immediatamente dato l’ordine di mettere il silenziatore. Ieri mattina e ieri pomeriggio ho cercato disperatamente questa notizia sulle home-page dei grandi quotidiani, del Corriere della Sera, di Repubblica. Sarà colpa mia che non mi districo bene con queste tecnologie moderne, però io la notizia non l’ho trovata. Ho chiesto a degli amici più esperti di aiutarmi. Non l’hanno trovata neanche loro.

L’informazione ormai in Italia è completamente militarizzata. Ai personal computer, nelle scrivanie dei giornalisti, hanno messo la tuta mimetica. Non è ammessa neppure la più piccola deviazione. La linea è la linea e la fermezza è la fermezza. Già, magari quelli vecchi come me si ricordano gli anni della fermezza. Me li ricordava ieri Paolo Liguori. In particolare mi ricordava i giorni tremendi del sequestro Moro. Allora nei giornali passò quella linea lì: “Non si tratta con le Brigate rosse, se Moro deve morire muoia, ma la Repubblica sarà salva”. Moro Morì, la Repubblica fu salva fino a un certo punto, perché in realtà da quel momento iniziò il declino che nel giro di poco più di dieci anni portò la Repubblica a cadere sotto i colpi della magistratura. E lì, di nuovo la fermezza: nei giornali era proibito provare a criticare i magistrati. Erano eroi. Andavano acclamati, amati, venerati. Non era ammesso il dissenso.

In realtà sia durante il sequestro Moro sia durante Mani pulite (meno) qualche dissenso c’era e si manifestava. I socialisti in tutte e due le occasioni si dissociarono. Chiesero la trattativa per salvare Moro e poi tentarono disperatamente di resistere all’ondata populista e giustizialista del pool di Borrelli. Erano convinti di poter resistere alla forza d’urto delle Procure, in particolare della Procura di Milano. Forse avevano anche ragione. Non calcolarono però l’entrata in campo del bulldozer: la stampa. la stampa si comportò come una falange. Stravinse. E i giustizialisti dissero così a Craxi, sorridendo e sommergendolo di monetine a qualche sassata: “è la stampa, bellezza”. Lui dovette riparare all’estero, dove morì abbandonato da tutti. Anche al papa ora stanno sorridendo. Divertiti e beffardi. Lui grida. “Pazzi, pazzi”. E poi dice di essersi vergognato quando ha saputo che i Parlamenti votavano l’aumento delle pese militari. Che da oggi il cittadino medio, ogni anno, versa una cifra che oscilla tra i 500 e i 1000 euro all’anno per comprare cannoni e caccia. I giornali e le Tv, salvo rare eccezioni, lo ignorano, il Papa. Lasciatelo gridare questo signor Bergoglio – dicono i direttori – e poi chiamano Bruxelles e spostano i soldatini che hanno sulla scrivania per cercare di capire meglio come si fa la guerra.

Successe a un altro papa. A Benedetto XV. Quando si comportò in modo analogo al modo nel quale si sta comportando Bergoglio. Nel 1917, mentre infuriava la prima guerra mondiale, e quasi tutti i partiti la sostenevano, e i governi pompavano risorse e armi con lo scopo di uccidere quanti più nemici possibile, Benedetto scrisse una lettera ai capi di Stato e definì la guerra “un’inutile strage”, contrapponendosi allo spirito pubblico, come spesso accade ai cristiani coerenti. Lo ignorarono. Lo censurarono, lo travolsero con il tuono dei cannoni e le bombe dagli aerei, e gli assalti alla baionetta nelle trincee. Non so se recentemente la Chiesa abbia corretto le sue scelte, mi risulta che quantomeno fino a qualche anno fa di tutti i papi del ‘900 Benedetto fu l’unico a non essere santificato. La Chiesa preferì santificare i papi che avevano accettato il nazifascismo ma non quel sovversivo che condannava la guerra. Succederà così, probabilmente, anche con Bergoglio.

Mi pare che gli Stati si siano rifiutati di ascoltarlo – in questi anni – quando ha parlato di migranti e di profughi. E ha chiesto accoglienza. Gli hanno fatto un sorriso beffardo anche in quell’occasione e sono corsi in Libia per firmare qualche accordo che permettesse di sterminare i profughi nei campi di concentramento, evitando che potessero arrivare in Italia. Figuratevi se lo ascolteranno ora. Il papa è l’unica voce autorevole che ha rotto la catena blindata interventista. Che sembra ormai impossibile da spezzare. E io sono convinto che questo atteggiamento da regime avrà conseguenze incalcolabili sul nostro futuro. Lo vedete bene, in queste settimane la stampa funziona proprio come funzionava durante la seconda guerra mondiale. Allora c’era il ministero addetto a controllare e governare l’informazione. Si chiamava Minculpop, lo guidava – almeno lo guidò per un lungo periodo – un giornalista serio e colto come Alessandro Pavolini. Era lui che dava la linea ai direttori.

Era inflessibile. Oggi no. I direttori sono più scaltri, più veloci, sono ragazzi dell’epoca del web, e obbediscono anche prima che arrivi l’ordine. Mi chiedo: ma quando tutto questo sarà finito (io immagino che alla fine prevarrà la ragione, la trattativa, finiranno fuorigioco i colonnelli che hanno preso la guida degli Stati democratici, e si arriverà a una pace, giusta o ingiusta, o giusta solo un po’, ma comunque qualunque pace è sempre più giusta della guerra) in Italia tornerà la libertà di stampa che è stata sospesa? Anche il Corriere della Sera potrà tornare alla stagione di Albertini e aprire le sue pagine al dissenso? Può darsi. Ma non sarà facile. Non è detto che questo succederà. La nuova generazione, che ha preso possesso delle leve dell’informazione, difficilmente si farà scalzare.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.