Migranti
Papa Francesco incontra i rifugiati:”Vittime di ingiustizia, non si risolve bloccando le navi”
“Siamo di fronte ad un’altra morte causata dall’ingiustizia. Già, perché è l’ingiustizia che costringe molti migranti a lasciare le loro terre. È l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e a subire abusi e torture nei campi di detenzione. È l’ingiustizia che li respinge e li fa morire in mare”. Lo dice Papa Francesco che ha incontrato i rifugiati arrivati recentemente da Lesbo con i corridoi umanitari, ospitati dalla Santa Sede e dalla comunità di Sant’Egidio.
I rifugiati arrivati recentemente da Lesbo sono ospiti della Santa Sede e della comunità di Sant’Egidio. Papa Francesco ha fatto collocare una croce nell’accesso al Palazzo Apostolico dal Cortile del Belvedere in ricordo dei migranti e dei rifugiati. Durante l’incontro ha mostrato il giubotto di un migrante anonimo morto nel Mediterraneo. “È il secondo giubbotto salvagente che ricevo in dono. Il primo mi è stato regalato qualche anno fa da un gruppo di soccorritori”, ha spiegato. “Apparteneva a una fanciulla che è annegata nel Mediterraneo. L’ho donato poi ai due Sottosegretari della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Ho detto loro: ‘Ecco la vostra missione!’. Con ciò ho voluto significare l’imprescindibile impegno della Chiesa a salvare le vite dei migranti, per poi poterli accogliere, proteggere, promuovere ed integrare. Questo secondo giubbotto, consegnato da un altro gruppo di soccorritori solo qualche giorno fa, è appartenuto a un migrante scomparso in mare lo scorso luglio. Nessuno sa chi fosse o da dove venisse. Solo si sa che il suo giubbotto è stato recuperato alla deriva nel Mediterraneo Centrale, il 3 luglio 2019, a coordinate geografiche 346518 e 134229. Siamo di fronte ad un’altra morte causata dall’ingiustizia”.
“Come possiamo non ascoltare il grido disperato di tanti fratelli e sorelle che preferiscono affrontare un mare in tempesta piuttosto che morire lentamente nei campi di detenzione libici, luoghi di tortura e schiavitù ignobile? Come possiamo rimanere indifferenti di fronte agli abusi e alle violenze di cui sono vittime innocenti, lasciandoli alle mercé di trafficanti senza scrupoli? Come possiamo ‘passare oltre’, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano, facendoci così responsabili della loro morte? La nostra ignavia è peccato!”.
E incalza i politici: “Non è bloccando le navi che si risolve il problema. Bisogna impegnarsi seriamente a svuotare i campi di detenzione in Libia, valutando e attuando tutte le soluzioni possibili. Bisogna denunciare e perseguire i trafficanti che sfruttano e maltrattano i migranti, senza timore di rivelare connivenze e complicità con le istituzioni”. “Solo quando mettiamo da parte l’indifferenza e la paura può crescere e prosperare un vero clima di rispetto reciproco. Questo, a sua volta, porta allo sviluppo di una cultura dell’inclusione, a un sistema economico più giusto e a varie opportunità per la partecipazione di tutti alla vita sociale e politica”.
Un discorso che Papa Francesco fa ricevendo nel Palazzo Apostolico Vaticano gli ambasciatori di Seychelles, Mali, Andorra, Kenya, Lettonia e Niger presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali. “La vostra presenza qui – ha continuato – è segno della risoluzione dei Paesi che rappresentate e della comunità internazionale nel suo complesso nell’affrontare le situazioni di ingiustizia, discriminazione, povertà e disuguaglianza che affliggono il nostro mondo e minacciano le speranze e le aspirazioni delle generazioni future”.
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