Quel giorno, sul sagrato di San Pietro il 22 maggio del 2024 Papa Francesco durante l’udienza settimanale del mercoledì lanciò la prima Giornata Mondiale dei Bambini, ed i bambini erano la ragione della presenza, di una folta rappresentanza degli organismi di categoria del giornalismo italiano: Francesco avrebbe firmato di suo pugno la versione a misura dei più piccoli della Carta di Assisi, il manifesto contro i linguaggi d’odio al tempo della Rete elaborato dal 2018 da una rete di associazioni. Dopo aver scritto la Carta con padre Enzo Fortunato – insieme al Coordinatore nazionale dell’ass. Articolo 21 Beppe Giulietti e Roberto Natale ci recammo con l’Ordine dei Giornalisti e l’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana) in Vaticano – e lì la sorpresa; il Papa con la sua firma aveva dato l’avallo più autorevole ad un nuovo testo deontologico, tanto particolare per il target al quale si rivolge quanto indispensabile per i tempi in cui viviamo. 

La Carta di Assisi

La Carta infatti vuole essere uno strumento per reagire nel modo più profondo, partendo dall’educazione dei più piccoli, al tracimare di comunicazioni che la pervasività dei social ci ha riversato addosso, con le sue modalità insinuanti e fascinose. Un moderno “Paese dei Balocchi” in cui ci si può perdere, come càpita ai cosiddetti hikikomori, i ragazzi che a decine di migliaia ( in Italia circa 123.000) tagliano ogni altro rapporto col mondo per vivere reclusi nella propria cameretta davanti al computer e con lo smartphone in mano; ma che, anche senza arrivare alle espressioni più patologiche, cattura ore e ore di ogni giorno, e spesso di ogni notte. Una rivoluzione sociale e prima ancora psicologica nella vita dei ragazzi, che ci ha colto alla sprovvista e che finora né la scuola né le famiglie hanno saputo fronteggiare con sufficiente consapevolezza. 

Cancellare la violenza

La Carta di Assisi parla ai bambini, sperando di parlare anche ai loro genitori e ai loro insegnanti. “Scrivi degli altri quello che vorresti fosse scritto di te. Fai attenzione a ciò che pubblichi online: dalle azioni di ognuno dipende la felicità di tutti”: è il primo punto, il primo alt al linguaggio d’odio. Così come si cerca di far emergere e di smontare il cyberbullismo: “se ti senti in pericolo o minacciato non ti vergognare: chiedi subito aiuto ai tuoi genitori o a persone adulte di cui ti fidi”. Altre indicazioni, scritte con parole adatte ai più piccoli, suonano però egualmente valide per noi adulti: forse perché, di fronte alla novità dei social, siamo ancora tutti in una condizione pressoché infantile di stupefatta impotenza. “Tutto ciò che posti in rete rimane sempre e ovunque: pensaci” è un richiamo che suona valido persino per qualche esponente del mondo politico-istituzionale. “Cancelliamo la violenza dai nostri social: le parole possono ferire o uccidere, usale per costruire amicizia” è un’esortazione che si scontra con il linguaggio primordiale che gonfia e rende affollate le “camere dell’eco”, i luoghi di ritrovo telematici in cui i simili si riconoscono nel segno del comune odio verso un’altra “tribù”, che sia sportiva o politica.

L’appello della Carta

“La rete è un bene prezioso: il tuo profilo sia autentico e trasparente, non nasconderti dietro nomi finti” è una richiesta che mette in mora non solo la vigliaccheria di tanti singoli “leoni da tastiera”, ma più ancora l’avidità delle megapiattaforme che dominano la comunicazione mondiale con utili da capogiro, riluttanti ad utilizzare l’intelligenza artificiale per togliere di mezzo i profili fake perché ne risentirebbe la quantità di traffico, dunque il loro smisurato profitto.  L’appello che chiude la Carta chiede di “non stare troppo a lungo sui social: la connessione più importante è quella con amici e amiche reali, in carne ed ossa”. E’ l’antidoto più significativo che indichiamo, nei tanti incontri che – dal giorno in cui Papa Francesco ci ha regalato la sua firma – abbiamo tenuto nelle scuole italiane. E’ un percorso di ricostruzione lungo e faticoso, l’esatto opposto della facilità con cui, in un secondo, si può cliccare un messaggio di insulti. Ma non esistono scorciatoie: se vogliamo far crescere cittadini consapevoli è dai banchi di scuola che tocca passare.

Iside Castagnola

Autore

Associazione Articolo 21