La lettera di Bergoglio ai capi di Stato
Papa Francesco lasciato solo sfida tutti i leader del mondo sulle prigioni
Aveva trent’anni, era poco più che un ragazzino. Era diventato papà da qualche mese. Due gemelli. Poi però era finito in prigione e come succede a molti non ha retto. Prigione di Poggioreale, Napoli. Ha preso un paio di lenzuola, le ha annodate e si è impiccato alle sbarre. Le guardie carcerarie l’hanno trovato che era già morto. Nell’ultimo anno è il settimo. Il settimo suicidio a Poggioreale. In Italia è il prigioniero suicida numero ottanta. Sono stati battuti tutti i record.
Nei dieci anni appena trascorsi i suicidi in cella sono stati 584, una media appena un po’ inferiore ai 60 all’anno. Alcuni dopo molti anni di carcere, molti nei primi giorni. Poi dipende anche dal carcere. Alcune prigioni sono meno terribili di altre. Un po’ meno terribili, anche se l’atrocità della pena è evidente a chiunque abbia voglia di ragionare. Prendere una persona e metterla in una gabbia e dirle che forse resterà lì per molti mesi, forse per molti anni, forse per sempre, è una pratica così lontana dagli standard medi di una società occidentale da sembrare impossibile che sia ancora utilizzata. Invece è così. La legge dice questo: son colpevoli, o forse no, intanto torturateli.
Ieri il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo di dura polemica col governo, accusandolo di lassismo. Perché? Il Fatto osserva che mentre il Belgio arresta e mette le manette, in Italia passa un emendamento al decreto-rave (decreto che punisce con la prigione i ragazzi che si radunano senza autorizzazione in più di cinquanta per ballare) il quale emendamento abolisce il carcere ostativo per i condannati per reati contro la pubblica amministrazione. In cosa consiste questo emendamento? Nella cancellazione delle norme previste dal governo Conte-Salvini (uno dei governi più reazionari della storia della repubblica) che equiparavano i reati finanziari nei quali erano coinvolti esponenti della pubblica amministrazione ai reati di mafia e di terrorismo. E dunque sottoponeva i condannati per questi reati non alle leggi e al trattamento ordinario, previsto dai codici, ma a un regime di carcere duro. Diceva la legge Bonafede: strage o mazzetta, o raccomandazione, che differenza c’è?
Non so se esista qualcosa del genere in Turchia, credo però che la norma Bonafede fosse ispirata al diritto cinese. Il Fatto si mostra scandalizzato da questa iniziativa legislativa che invece di aumentare la popolazione carceraria e il grado di afflizione della pena (che il giornale di Travaglio immagina come “algoritmi” di civiltà) diminuisce l’una e l’altra. Non dobbiamo stupirci. Se appena diamo un’occhiata ai giornali, soprattutto a quelli di destra, dopo l’arresto di Panzeri, ci rendiamo facilmente conto che l’idea travagliana di società e di moralità ha fatto scuola ed ha dilagato. I giornali della destra (ma anche Repubblica) sembrano comunque essersi perfettamente allineati alla cultura giuridica del Fatto e dei Cinque stelle.
Ieri è uscita anche la notizia di un’iniziativa politica e diplomatica di Papa Bergoglio. Si è saputo che ha scritto una lettera a tutti i capi di Stato del mondo per chiedere clemenza per i detenuti. Non conosciamo le argomentazioni contenute in questa lettera, immaginiamo che partano proprio dai fatti di cronaca. Come l’aumento vorticoso, in Italia, dei suicidi, e come l’atrocità delle esecuzioni che stanno avvenendo in Iran, nella folle corsa repressiva dello Stato contro le proteste delle donne e dei giovani. In una settimana sono stati impiccati due ragazzi, come quel ragazzo che si è impiccato a Poggioreale. Il papa non credo che si limiti a chiedere la riduzione degli eccessi punitivi, immagino che sollevi un problema filosofico – se così possiamo dire – più complesso.
La necessità di por fine alla società della pena. Cioè a quel modo di pensare la società moderna come un complesso di relazioni umane e sociali e giuridiche regolato essenzialmente dal rigore e dalla certezza della pena. Non è una novità che il papa consideri questo modello di società molto lontano dal modello cristiano che lui ha in mente, avendolo costruito leggendo il vangelo e le idee innovative e modernissime di Gesù. Idee ancora lontanissime dal senso comune che comanda in Europa, e dalle idee politiche della destra e della sinistra. Oggi la popolazione carceraria, in Occidente, è molto grande. Milioni di persone. La maggioranza delle quali vive nelle prigioni americane, cioè del paese guida. Che – oltretutto – oltre al metodo antico e feroce del carcere usa con disinvoltura, ancora, il metodo ancora più antico della pena di morte. Come l’Iran, come la Cina, come la Corea di Kim.
Negli Stati Uniti i prigionieri sono circa tre milioni, cioè quasi l’1 per cento della popolazione. In maggioranza neri. In Europa, per fortuna, sono molto meno: circa l’uno per mille. E tuttavia anche l’1 per mille è una cifra altissima. Specialmente se consideriamo che in alcuni paesi europei (l’Italia principalmente) una parte consistente (circa un terzo) dei detenuti è in carcerazione preventiva, cioè senza essere stata riconosciuta colpevole. La lettera del papa è una randellata all’ipocrisia e all’autoritarismo delle democrazie occidentali. Non so se qualcuno vorrà ascoltarlo. Basterebbe che un capo di Stato di un paese importante (Italia, Francia, Spagna, Germania…) decidesse di rispondere al capo della religione cattolica e promettesse di intervenire contro la barbarie del carcere, basterebbe che uno solo avesse questo coraggio e forse, finalmente, si potrebbe avviare un processo di civilizzazione. Io temo che questo non avverrà. E che in Occidente, come in Italia, la scelta sarà quella di seguire ancora Travaglio e non Bergoglio.
© Riproduzione riservata