Diocesi di Roma, si cambia. Il primo decreto del 2023 di Papa Francesco, nella festa dell’Epifania, all’indomani dei funerali del papa emerito, riguarda la diocesi di cui il Papa è il vescovo. E proprio questo è il senso del documento, che non solo ristruttura in maniera precisa gli uffici, gli incarichi, gli aspetti organizzativi, ma li colloca sotto la tutela diretta del pontefice, ed il cardinale vicario ha il compito di informarlo prima di qualunque decisione destinata a toccare l’organizzazione, comprese le nomine dei parroci. Ma non solo. Si precisa che l’incarico di cardinale vicario non scade con la sede vacante (in pratica con la morte del papa) ed anche il “vicegerente” – il vescovo che ha le funzioni di coordinamento generale – non cessa dall’incarico alla morte del Papa.

La ristrutturazione è in realtà un lungo elenco di disposizioni il cui scopo è rendere gli uffici più efficienti, coordinati tra loro, per rinforzare la presenza della Chiesa nella città di Roma, per rispondere ai bisogni di aiuto spirituale e materiale delle persone. Come nel documento di riforma della Curia romana, varato nel 2022, anche questo ha un lungo preambolo, in cui papa Francesco spiega il significato del porre la diocesi sotto il suo stretto controllo in quanto vescovo di Roma. Deve essere, cioè, una diocesi esemplare per impegno ed attività. E qui appare in tutta evidenza cosa il papa pensi della Chiesa. «Desidero che quella di Roma, affidata al mio servizio episcopale, possa risplendere come esempio della comunione di fede e di carità, pienamente coinvolta nella missione dell’annuncio del Regno di Dio». Ma soprattutto torna una preoccupazione costante: «Siamo in un tempo di rinnovamento nel quale bisogna operare insieme, come popolo di battezzati, vincendo la «tentazione pelagiana» che tutto riduce all’ennesimo piano «per cambiare strutture, ma radicandosi in Cristo e lasciandosi condurre dallo Spirito. Sogno una trasformazione missionaria che coinvolga integralmente le persone e le comunità, senza nascondersi o cercare conforto nell’astrattezza delle idee».

Il senso è rispondere al “cambiamento epocale”, di cui spesso il Papa ha parlato, in maniera concreta, unendo annuncio del Vangelo ad attività caritative. E qui la diagnosi non fa sconti. «Un numero rilevante di persone e di famiglie che abitano i diversi quartieri della città di Roma, non solo le periferie, è gravato da pesanti difficoltà economiche, sociali, psicologiche e sanitarie. L’invecchiamento della popolazione, la crisi demografica, la presenza di persone senza fissa dimora, sono conseguenza di scelte poco avvedute, oltre che sintomo delle fatiche e delle incertezze del nostro tempo. I cristiani di Roma, e in particolare coloro ai quali sono affidati incarichi e responsabilità pastorali, siano consapevoli di dover svolgere la loro missione in un contesto nel quale molte persone si trovano a vivere situazioni di grande sofferenza».

Ma attenti, il criterio di valutazione è preciso: «Da parte di tutti dovrà esserci l’impegno di una costante personale assiduità nello svolgimento dei propri compiti e di un progressivo aggiornamento, nonché un concreto inserimento nella vita e nell’azione pastorale diocesana; e da parte dei presbiteri anche un’attiva partecipazione alla cura d’anime». Gli uffici e il personale sono avvertiti: non si accettano solo funzionari disancorati dalla realtà. L’asticella posta da papa Francesco è assai esigente. Per questo viene istituito un meccanismo di controllo e vigilanza economica e gli incarichi dirigenziali saranno quinquennali, rinnovabili solo per una volta.

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Giornalista e saggista specializzato su temi etici, politici, religiosi, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato, tra l’altro, Geopolitica della Chiesa cattolica (Laterza 2006), Ratzinger per non credenti (Laterza 2007), Preti sul lettino (Giunti, 2010), 7 Regole per una parrocchia felice (Edb 2016).