Dopo che, nei giorni scorsi, Papa Francesco ha dedicato la Via Crucis alle meditazioni e testimonianze dal carcere, il pontefice torna a intervenire in materia di diritti sociali. Questa volta lo fa attraverso una lettera indirizzata ai movimenti popolari, anticipata dal quotidiano Avvenire, avanzando la proposta di una retribuzione minima e garantita, un reddito di solidarietà universale, capace di provvedere al sostentamento di tutti i lavoratori precari del mondo che in questo periodo di quarantena si trovano in uno stato di necessità.

«Voi, lavoratori precari, indipendenti, del settore informale o dell’economia popolare, non avete uno stipendio stabile per resistere a questo momento… e la quarantena vi risulta insopportabile. Forse è giunto il momento di pensare a una forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia dignità ai nobili e insostituibili compiti che svolgete; un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano: nessun lavoratore senza diritti».

E poi continua: «Voi siete per me dei veri poeti sociali, che dalle periferie dimenticate creano soluzioni dignitose per i problemi più scottanti degli esclusi», scrive Francesco, rivolgendo poi il suo pensiero proprio «ai fratelli e alle sorelle dei movimenti e delle organizzazioni popolari». Ricordiamo che con i movimenti popolari il Papa ha già da tempo consolidato una stretta vicinanza di idee, dopo averli incontrati diverse volte sia in Vaticano che in Bolivia, durante il suo viaggio internazionale nella città di Santa Cruz de la Sierra.

In mezzo a un’emergenza sanitaria globale, quindi, Francesco sceglie di stare vicino a quell’ «esercito invisibile che combatte nelle trincee più pericolose» – come scrive – poiché è «un esercito che non ha altre armi se non la solidarietà, la speranza e il senso di comunità che rifioriscono in questi giorni in cui nessuno si salva da solo».

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