E ci risiamo, le buone abitudini di vociferare non finiscono mai e così il Nostro Antonio Socci riprende la tesi del Papa che sarebbe non solo malato, ma lì lì per dimettersi. E a suo dire i “rumors” in Curia aumentano, tanto che i fedelissimi di Bergoglio starebbero staccando la spina per riposizionarsi in vista di un futuro ma non lontano Conclave. Quali sono le prove a sostegno dell’argomentazione?

Prima di tutto degli articoli usciti qua e là, magari in Argentina (che, chissà perché, sarebbe la patria dei meglio informati perché il Papa è argentino… equazioni discutibili…), poi un’altra prova è il prolungamento della recente degenza al Gemelli con la diffusione sospetta di bollettini medici non firmati (e qui sarebbe l’autorevole sito Il Sismografo la fonte… e l’autorevolezza è di solito auto-attribuita… sic transit gloria mundi…). E poi si citano le “prese di distanze” da papa Francesco da parte di personaggi “bergogliani” come lo storico Andrea Riccardi. E soprattutto la prova della crisi inarrestabile viene dai conflitti interni alla Chiesa tra Germania scissionista (va sempre di moda, in fondo sono 500 anni che non c’è uno scisma da lì) e Stati Uniti dove il mondo cattolico è superdiviso. La chicca nelle chicche è l’autorevolezza attribuita a un sito iperconservatore spagnolo (non lo cito per non fare pubblicità) che dà per sicuro lo stato precario di salute del Papa.

Della Germania e degli Usa si nota che da lì vengono i maggiori finanziamenti alla Chiesa cattolica e dunque il venir meno del flusso di denaro sarebbe un segnale inequivocabile. Peccato che altrettanto inequivocabile è il flusso di denaro dei settori conservatori grandemente finanziati proprio per mettere in atto una politica di condizionamento del papato, attraverso siti, media, vescovi compiacenti e non proprio trasparenti. Ma si sa, quando non fa comodo, l’altro lato della medaglia viene oscurato. Altre due colpe di papa Francesco sono molto chiare, a dire del citato articolista: la situazione di sfascio in cui versano le vocazioni, poi gli scandali, poi i processi in Vaticano, i contrasti tra vescovi e Magistero e via di questo passo. La seconda colpa riguarda l’incerto statuto canonico di una eventuale dimissione: dovremmo avere due papi emeriti con un Diritto canonico che neppure ha affrontato e risolto lo status del primo in ottocento anni?

Insomma la confusione è somma. Intendo la confusione messa in campo dall’articolo in questione dove si mescolano fumo e problemi reali. Il fumo è nelle approssimative inesattezze con cui si parla di Andrea Riccardi e del suo libro sulla Chiesa che brucerebbe (Laterza), e una presa in giro del desiderio di rinnovamento ecclesiale da parte del gruppo di intellettuali guidati dal novantenne Giuseppe De Rita (la cui importanza è francamente sopravvalutata). Il fumo è anche nell’elenco dei problemi della Chiesa, come se fossero iniziati tutti insieme nel 2013 con il pontificato di papa Francesco. Prima andava tutto bene? Quanto a processi, quelli sotto Benedetto XVI per la vicenda “wikileaks” mica hanno scherzato. Faccende e faccendieri poco specchiati con il Vaticano hanno spesso prosperato, anche sotto Giovanni Paolo II. C’è da dire che le normative sono diventate progressivamente più chiare e definite e lo sforzo vaticano di adeguarsi alle regole internazionali sulla trasparenza finanziaria producono effetti che sembrano negativi solo per gli “sfascisti” nostrani mentre in realtà sono dei notevoli passi avanti.

Ma il sistema di chi critica a tutti i costi è così: buttare là affermazioni non verificate, fare dei nomi senza interpellare gli interessati per capire se si ritrovano nella descrizione. E qualora i Riccardi e i De Rita si prendessero la briga di precisare, sarebbero ignorati. È una strategia precisa che – tanto per fare un nome – colpisce sempre la Pontificia Accademia per la Vita, accusata di svendere dottrina e tradizione. Poi quando l’Accademia precisa e puntualizza, viene ignorata e così agli atti degli Internet Archives restano solo le calunnie. Più interessante l’ultima parte in cui Socci parla dei problemi di definizione canonica della figura di un papa dimissionario. Ci fa sapere che la canonista Geraldina Boni ha appena pubblicato «una proposta di legge, frutto della collaborazione della scienza canonistica, sulla sede romana totalmente impedita e la rinuncia del papa» affinché «il legislatore supremo possa attingere spunti ragionati e ben argomentati per la promulgazione di una normativa su questi temi: una normativa che pare oramai urgente e indilazionabile».

Ho lasciato le virgolette originali di Socci perché a leggere non si capisce a chi attribuire la stessa frase virgolettata. E non capirlo, non è da poco, perché si attribuisce l’autorevolezza dell’affermazione tra virgolette, dunque della citazione diretta, a frasi di cui non si conosce l’autore. In realtà la prof.ssa Boni nel 2019, non oggi, ha pubblicato un libro intitolato Il buon governo nella Chiesa. Inidoneità agli uffici e denuncia dei fedeli (Mucchi editore, diciamo di nicchia) in cui – semplifico molto – si teorizza il diritto-dovere dei fedeli di attivarsi in prima persona “denunciando” la mancanza di idoneità dei titolari di uffici ecclesiastici, sia durante la fase previa di designazione, sia una volta che la nomina sia avvenuta e soprattutto qualora si verifichino problemi di inadeguatezza del sacerdote, parroco, vescovo, cardinale… durante l’incarico. Tema non da poco, da non potersi certo risolvere in poche righe.

Questo per dire che a livello di studio del Diritto Canonico, qualcosa si muove nella Chiesa. Certo il processo è incerto e lungo. Però innegabilmente papa Francesco ha avviato dei processi di cambiamento. Come definire altrimenti l’appello di 10 teologi e teologhe a prendere sul serio il tema della Fraternità dell’omonima enciclica e farne il motore di una presenza rinnovata e di un dialogo effettivo e di una teologia che sappia parlare ai nostri concreti uomini e donne del Ventunesimo secolo? L’appello è cosa seria, sotto il titolo suggestivo “Salvare la Fraternità. Insieme”, ed è stato pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana con postfazione di mons. Vincenzo Paglia, in una edizione in 4 lingue. Avviare un dibattito ecclesiale reale, effettivo, serio, approfondito, è davvero complesso.

Soprattutto perché a osteggiarlo sono i massimalisti di ogni lato che vedono solo in due colori e per loro Bergoglio è completamente negativo. Beati loro che ne sono così sicuri. In realtà le strutture – soprattutto ecclesiali – sono complesse e meriterebbero approfondimenti ben più accurati, analisi approfondite, una impostazione davvero multidisciplinare, la valutazione delle persone, dei ruoli, dei processi in atto, dei risultati. E il ruolo della religione ne uscirebbe rafforzato, vista l’importanza che ha nel dare un senso alla vita o nel farsi brace su cui soffiare per accendere conflitti. Per il momento i massimalisti nostrani accendono conflitti.

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Giornalista e saggista specializzato su temi etici, politici, religiosi, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato, tra l’altro, Geopolitica della Chiesa cattolica (Laterza 2006), Ratzinger per non credenti (Laterza 2007), Preti sul lettino (Giunti, 2010), 7 Regole per una parrocchia felice (Edb 2016).