“Il papà l’ho abbracciato io al posto suo prima che lo portassero dal pronto soccorso alle cure palliative. Non potevo mandarlo su così. A lui ho detto che lo ricoveravamo, volevo non si accorgesse di niente. Gli abbiamo dato tutto l’ossigeno del mondo fino alla fine”. Così in una lettera scrive il medico di un paziente di 84 anni morto di coronavirus all’ospedale di Crema. Oltre al dramma di perdere le persone care, i familiari dei malati da covid 19 devono anche affrontare il triste peso di non essere lì accanto a loro in tutto il periodo di ricovero e/o quando sono sul punto di morte. Per questo un medico che si è occupato dell’84enne ha voluto scrivere un messaggio alla famiglia del paziente, la cui portavoce è stata la figlia Francesca che ha raccontato la storia all’Ansa.

La donna ha voluto riportare la sua esperienza soprattutto per spiegare l’importante lavoro che medici ed infermieri stanno svolgendo in queste settimane d’emergenza donando non soltanto la loro conoscenza medica ma anche tutta l’umanità possibile. “Non ci si può dimenticare di questi medici e infermieri. Sono riusciti a fare in modo, tenendo il cellulare vicino al suo orecchio, che io e mio figlio, il suo unico nipote, lo potessimo salutare per l’ultima volta”, spiega Francesca nell’intervista. “Questa è la prova del grande regalo che mi ha fatto sostituendosi a me”.

LA LETTERA – Ogni giorno siamo aggiornati attraverso il bollettino sulla situazione dei contagiati, dei guariti e dei morti quasi come se attendessimo un segnale di speranza nel vedere calare quei numeri. Ma dietro i dati ci sono storie e persone che hanno bisogno di umanità, in un momento così delicato. Il personale sanitario diventa così una vera e propria famiglia, in quanto ultime persone che i pazienti vedono prima di andarsene per sempre. Per questo, la testimonianza di Francesca permette di avvicinarsi ancor di più a quel lato umano non soltanto di medici e infermieri, ma anche delle persone che vivono questa situazione non potendo salutare i loro cari. Questa la lettera del medico:

“Volevo dirle che abbiamo fatto tutto il possibile. Ieri quando le ho comunicato per telefono che lo stavamo trasferendo all’hospice mi sono sentito morire dentro un po’anche io. Mi ero affezionato. Era un brav’uomo. Sempre gentile. Mi salgono ancora le lacrime agli occhi – prosegue – pensando a come teneva stretto il cellulare grazie al quale si sentiva vicino a voi tutti. Ho provato a dargli tutte le chances di questo mondo. Mi spiace terribilmente di non esser riuscito a salvarlo. Voglio dirle che non ha sofferto per niente. Me ne sono assicurato personalmente. Il papà  l’ho abbracciato io al posto suo prima che lo portassero dal pronto soccorso alle cure palliative. Non potevo mandarlo su così. A lui ho detto che lo ricoveravamo (dal pronto soccorso in reparto, ndr.), volevo non si accorgesse di niente. Gli abbiamo dato tutto l’ossigeno del mondo fino alla fine. Glielo garantisco io. (…) Si faccia forza signora e come si dice a Milano, ‘su de carengià. E’ un momento terribile per tutti, lo è per noi medici, che spesso dobbiamo arrenderci, non oso immaginare per voi”.

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