Da quando è iniziata la guerra in Ucraina, Papa Francesco non si è mai perso d’animo. E nonostante diverse battute d’arresto, Jorge Mario Bergoglio continua a tessere la tela diplomatica nella speranza che prima o poi i due governi in guerra riescano a parlare.

La pace sarà raggiunta il giorno in cui potranno parlare, tra loro due o tramite altri” ha detto in un’intervista a “Telemundo”. E in questo dialogo, il ponte potrebbe essere proprio Francesco, che con la sua manovra costante e spesso silenziosa, cerca di rendere la Chiesa un mediatore riconosciuto tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. È in questa prospettiva che ha preso corpo la missione di pace che ha come protagonista il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

L’iniziativa era stata annunciata dallo stesso Pontefice durante il volo di ritorno dall’Ungheria, ma in quell’occasione, le dichiarazioni da Russia e Ucraina non destarono particolare ottimismo. Il lavoro del Vaticano però non si è fermato, nemmeno dopo l’incontro a Roma tra il Papa e il presidente Zelensky in cui quest’ultimo, terminato il faccia a faccia, aveva gelato le ipotesi dell’iniziativa vaticana ribadendo di non avere bisogno di mediatori ma “di una pace giusta”.

Quelle parole avevano il sapore di una netta chiusura rispetto alla missione pensata da Francesco. E le frasi pronunciate dal pontefice durante il Regina Coeli successivo al vertice (“con le armi non si otterranno sicurezza e stabilità, al contrario si continuerà a distruggere ogni speranza di pace” aveva detto il Papa) lasciavano l’immagine di un notevole divario tra Roma e Kiev. Eppure, sottotraccia, la diplomazia vaticana ha continuato a operare. Forse anche grazie a quell’incontro in Vaticano in cui le idee del pontefice e del leader ucraino erano apparse difficili da conciliare.

Francesco, del resto, non ha mai omesso di parlare dell’Ucraina in tutte le occasioni in cui gli è stato possibile. La “martoriata Ucraina”, come spesso la definisce, è al centro dei suoi pensieri, così come la “guerra mondiale a pezzi”. Ed è proprio per questo che Francesco ha attivato tutti i canali in cui agisce la “geopolitica vaticana”: un insieme di relazioni umane e diplomatiche, lavoro di organizzazioni e missioni, in un complesso equilibrio tra fede e realpolitik. Forse anche per questo la scelta del mediatore è ricaduta su Zuppi, che nel 1992, insieme alla Comunità di Sant’Egidio, ebbe un ruolo fondamentale nel processo per porre fine alla guerra civile in Mozambico. Quell’atto, che consacrò il movimento cattolico come una sorta di vero e proprio centro diplomatico “parallelo” alla Santa Sede, è essenziale per comprendere la complessità dell’azione della Chiesa nella politica internazionale. E non è un caso che il presidente della Cei, in conferenza stampa, abbia voluto sottolineare che questa missione per cui è stato scelto da Francesco sia “in accordo con la Segreteria di Stato del Vaticano”. Un messaggio che vuole inviare il segnale di una convergenza tra i vari segmenti della rete diplomatica del Papa a fronte di possibili interpretazioni divisive in seno alla Curia.

Al momento, è difficile affermare con certezza quali possano essere le reali possibilità di riuscita dell’iniziativa del Pontefice. Russia e Ucraina continuano a combattere senza sosta, e Kiev ha già chiarito che qualsiasi negoziato potrà avvenire solo una volta riconquistati i territori perduti e con il completo ritiro delle truppe russe. Motivo per il quale Zelensky continua a chiedere aiuti militari per far partire l’ormai attesa controffensiva. Putin, dal canto suo, non sembra intenzionato a mollare la presa dopo più di un anno di invasione, e la caduta di Bakhmut ha certificato la volontà del Cremlino di proseguire a qualunque costo in questa logorante guerra di attrito. Da Mosca, riportano le agenzie russe, il ministero degli Esteri ha detto di prendere atto “del sincero desiderio della Santa Sede di promuovere il processo di pace”. Una frase che può essere letta come un piccolo segnale di speranza.

Il Segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, si è detto lieto della “disponibilità” di Mosca. Ma per venire incontro ai dubbi di Kiev, Parolin ha inviato un altro messaggio: “La missione non ha come scopo immediato la mediazione, quanto piuttosto di creare un clima, aiutare ad andare verso una soluzione pacifica. Gli interlocutori saranno Mosca e Kiev. Per il momento, poi vedremo”.

Lorenzo Vita

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