La parata a Mosca, Putin indossa i panni dell’attore perfetto e celebra la vittoria sul nazismo

Oggi la Russia celebra il Giorno della Vittoria, la commemorazione della sconfitta della Germania nazista nel 1945: un culto nazionalista fondato negli anni ’70 dal leader sovietico Leonid Breznev che continua anche dopo il crollo dell’Urss. Per Vladimir Putin è la ventunesima parata da capo dello Stato e la terza da quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina nel 2022. Il 9 maggio è una data fondamentale per i russi: durante la Guerra Patriottica morirono circa 20 milioni di cittadini di tutte le quindici repubbliche sovietiche, con il coinvolgimento di fatto di ogni famiglia. Un contributo enorme di vite umane, militari e civili, che spiega il senso della celebrazione.

Oggi però quella festa si trasforma in una vera e propria intimidazione nei confronti delle democrazie del ‘mondo liberò. In vista della parata, il despota del Cremlino ha esposto nei giorni scorsi i carri armati dei paesi Nato abbattuti, per dimostrare l’invincibilità di Mosca. Da più di due anni la Russia aggredisce l’Ucraina con lo stile dello stato terrorista, mirando direttamente ai civili e cercando di rendere la loro vita impossibile con il bombardamento delle centrali che garantiscono l’erogazione dei servizi di pubblica utilità.

Nessuna pietà per i bambini: nei giorni scorsi, l’Istituto per lo studio della guerra (Isw) ha riportato la notizia che le autorità della regione occupata di Lugansk, nell’Ucraina orientale, minacciano le madri negli ospedali di portare via i loro neonati se nessuno dei genitori riesce a dimostrare di avere la cittadinanza russa. Azioni che violano l’articolo 2 della convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio.

Azioni di stampo tecnicamente nazista da parte di chi promette di denazificare l’Ucraina. Domenica scorsa, con tanto di candela rossa in mano, l’ineffabile Putin ha partecipato nella cattedrale di Cristo Salvatore, alla celebrazione della Pasqua ortodossa – che segue il calendario giuliano – guidata dal capo della Chiesa ortodossa russa, il patriarca Kirill, convinto sostenitore della guerra in Ucraina che ha provocato l’uccisione di decine di migliaia di persone e la fuga di milioni di civili dalle loro case. Durante la funzione il patriarca ha pregato per la protezione dei “sacri confini” della Russia, esprimendo la speranza che Dio metta fine alla “lotta intestina” tra Russia e Ucraina.

Kirill, ispiratore di Putin, considera ucraini e russi come una “nazione unica”, mentre l’Ucraina non può esistere al di fuori del “mondo russo”. Proprio per questo, il 27 e 28 marzo scorso, durante il congresso del Consiglio mondiale del popolo russo, guidato proprio da Kirill, la Chiesa ortodossa russa ha approvato un decreto che definisce l’invasione dell’Ucraina una ‘Guerra Santa’ con l’obiettivo esplicito di cancellare l’indipendenza ucraina e imporre il dominio di Mosca. Il decreto considera l’invasione come parte di una più ampia lotta spirituale contro l’Occidente, che accusa di essere “caduto nel satanismo”, per via del suo credo liberale nei diritti e nella libertà.

Una ideologia paranoica che il capo del Cremlino sposa totalmente e che “è sorprendentemente simile alle argomentazioni ideologiche dei radicali islamici, che da tempo dipingono gli Usa e gli altri stati occidentali come ‘satanici’ per giustificare la loro agenda estremista”, spiega Brian Mefford, direttore della Wooden Horse Strategies con sede a Kiev e membro dell’Atlantic Council. Ma c’è di più. Dall’invasione dell’Ucraina nel 2022 e, soprattutto, dal 7 ottobre, la Russia ha abbandonato Israele schierandosi con il suo principale nemico: l’Iran.

Così, mentre gli ayatollah riforniscono la Russia di ingenti forniture di droni per colpire l’Ucraina, Mosca riceve senza pudore le delegazioni del gruppo dirigente di Hamas. Vittima della sua paranoia, Putin è scivolato così in un esplicito antisemitismo. Il fatto che Volodymyr Zelensky sia ebreo è usato dal despota russo come una ingiuria. E questo proprio mentre accusa il leader ucraino di guidare uno stato nazista. Insomma, colui che celebra oggi la festa della vittoria sul nazifascismo è un fascista fatto e finito, punto di riferimento mondiale per tutti i dittatori o aspiranti tali che hanno preso di mira il diritto e la democrazia. I leader europei (e i pacifisti italiani) dovrebbero finalmente rendersene conto e adottare le contromisure necessarie.