Alla fine si è nuotato nella Senna, volenti o nolenti gli atleti hanno dovuto tuffarsi e sbracciare. C’è chi ha detto di aver vomitato dieci volte nel percorso e chi ha confessato di essere preoccupato per la propria salute avendo “bevuto troppa acqua, che di certo non era pulita”. Di fatto la Geopolitica delle Olimpiadi nelle ultime ore è stata assorbita completamente da questioni interne, tutte francesi: tra polemiche e un atteggiamento “lusingato” dei parigini.

“Tra quindici giorni torneremo a lamentarci come sempre – mi confessa un collega francese, parigino doc -, ma per ora devo dire molti si sentono coccolati e lusingati dallo svolgimento delle Olimpiadi nei luoghi che amano”. Una testimonianza individuale non fa primavera, nemmeno se sei un giornalista attento a sentire il polso della gente, e di certo non fa la rinascita del macronismo (nemmeno se viene da un non militante), ma è interessante registrare come nella capitale francese un certo orgoglio si stia sentendo, a partire dal fatto che ad esempio secondo un sondaggio degli organizzatori l’86% dei francesi ha avuto un’ottima opinione della cerimonia olimpica al di là delle polemiche. “Pensavamo di andare incontro a un disastro – mi racconta – ma adesso siamo quasi soggiogati: la cerimonia di apertura, la scherma al Grand Palais, le corse dei cavalli a Versailles e l’atmosfera in città sorprendentemente positiva. Se fai tornare orgogliosi e fieri i francesi hai già vinto”.

La Senna e il Triathlon

La Senna, come detto, ha ospitato il Triathlon. Non poteva andare diversamente, il fiume è un confine anche sociale per la città: divide le aree ricche e quelle popolari, le industrie dagli intellettuali, e negli ultimi quarant’anni il disinquinamento del grande fiume oltre alla sua sicurezza per i natanti è stata una promessa politica che ha riguardato tutti, da destra a sinistra. Ma è sempre fallita. L’ultima a giocarsi l’immagine è stata la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, che qualche settimana fa ha nuotato nella Senna. Operazione d’immagine, certamente, polemiche che non si sono placate. Alla fine dopo rinvii e incertezze si è gareggiato ma non è stata una bella pagina olimpica. L’altra questione spinosa e divisiva: le gare di surf a Tahiti nella Polinesia francese. Teahupo’o è un villaggio sulla costa sud-occidentale di Tahiti, Polinesia Francese, a quasi 16mila chilometri da Parigi, dove non sono mancate critiche per motivi ambientali, con proteste locali e accuse di neo-colonialismo francese. Per i tahitiani il surf è una pratica letteralmente legata alla spiritualità locale prima ancora che uno sport. Per prepararsi alle Olimpiadi è stata costruita tra le altre cose una torre di alluminio per i giudici.

Il progetto – sostenuto dal Cio – ha incontrato una forte opposizione locale perché minacciava i delicati reef corallini. Nonostante una petizione globale e le proteste di oltre quattrocento residenti e surfisti locali, la costruzione è proseguita. L’obiettivo era tutt’altro: abbracciare i territori e farli sentire parte integrante del paese, un atto quasi di pacificazione a trent’anni dalla fine degli esperimenti nucleari nelle acque al largo di Mururoa. Tahiti è un territorio semi-autonomo composto da 118 isole, divenuto protettorato francese nel 1842, territorio d’oltremare dal 1946 e in condizione di parziale autonomia solo nel 1984, diventando “collettività d’oltremare” a pieno titolo nel 2003. Tuttavia, la regione non ha ancora raggiunto l’indipendenza completa e dal 2013 è inclusa nella lista delle Nazioni Unite dei territori non autonomi. Il dialogo rimane difficile tra buone intenzioni e relazioni conflittuali persistenti.

Giovanni Armanini

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