Il medagliere olimpico racconta in modo affascinante e alternativo la storia del mondo. Consideriamo ad esempio che al momento sul nostro pianeta esistono 193 stati riconosciuti dall’Onu (più due osservatori) ma ben 206 paesi iscritti al Comitato olimpico internazionale (che diventano addirittura 211 alla Fifa, la federazione internazionale calcistica). Snocciolare le cifre di chi è salito sul podio offre un ripasso di storia affascinante proprio perché a volte la storia sportiva devia da quella politica e ridisegna pure le identità nazionali in maniera originale. Andrebbe insegnato a scuola: quali sono gli elementi costitutivi dello stato? Territorio, popolo, sovranità… e rappresentative sportive.

Prime volte

Ad oggi sono 66 i paesi che non hanno mai vinto una medaglia olimpica. Il Principato di Monaco (32 volte) è quello che ha partecipato di più, mentre il Bangladesh con i suoi 173 milioni di abitanti è il più grande a non aver mai vinto medaglie. Erano 68 prima di questa edizione, ma sabato 3 agosto scorso le isole di Santa Lucia e Dominica hanno ottenuto i loro primi storici ori. Julien Alfred ha vinto per Santa Lucia i 100 metri femminili (e martedì si è ripetuta: argento nei 200) mentre Thea LaFond ha vinto il metallo più prezioso nel Triplo femminile. Sono vicende che contribuiscono all’identità di un paese, come lo fu ad esempio il dominio di Usain Bolt per la Giamaica, che prima di lui era soprattutto la terra di Bob Marley e dopo è diventata anche quella dell’uomo più veloce del mondo. Santa Lucia è un’isola indipendente nella zona Est dei Caraibi che conta circa 180 mila abitanti, Dominica di abitanti ne ha solo 74 mila ma un orgoglio se possibile superiore. Nel 2021 un giornale locale ha promosso l’idea di cambiare il nome tornando a Waitukubuli (che significa “il suo corpo è alto”, evocativa descrizione delle sue forme montuose) per fuggire una volta per tutte la confusione con la Repubblica Dominicana (sovranità di lingua spagnola con oltre 9 milioni di abitanti), rivendicando tra le tante cose la “necessità di marcare il territorio anche online, facilitando le ricerche senza confusioni”.

C’era una volta

Lezioni di geografia, dicevamo, ma anche di storia: il medagliere ha ospitato 10 Comitati olimpici ormai defunti: Boemia, Indie Occidentali, Cecoslovacchia, Unione Sovietica, Antille Olandesi, Serbia-Montenegro, Jugoslavia. E ovviamente le due Germanie: Est ed Ovest, in ordine non solo alfabetico ma anche per titoli vinti, perché gli Orientali erano particolarmente “sensibili” al fascino olimpico e vinsero 409 medaglie, il doppio delle 204 degli Occidentali. A queste andrebbero poi aggiunte le 137 medaglie vinte dalla squadra tedesca unificata, che partecipò a dispetto della divisione politica, nelle edizioni del dopoguerra in prossimità della costruzione del Muro di Berlino (avvenuta nel 1961): 1956, 1960, 1964. Le ultime tracce di quell’esperienza furono nel 1968 quando a Innsbruck per le invernali gli atleti erano già divisi tra Est e Ovest ma i loro ori venivano celebrati suonando L’Inno alla Gioia di Ludwig van Beethoven, che aveva sempre salutato i trionfi del comitato unificato rimpiazzando i peraltro già esistenti inni nazionali. A livello olimpico le due Germanie sono esistite quindi “solo” per 20 anni: da Messico ‘68 a Seul ‘88. Ed a proposito di unificazioni, giusto ricordare pure l’Australasia che sommava Australia e Nuova Zelanda nelle primissime edizioni, fino alla divisione del 1920, ma anche la squadra unificata di Corea che giocò a hockey su ghiaccio nelle invernali del 2018. Anche qui: politicamente inimmaginabile, ma sportivamente possibile.

Giovanni Armanini

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