L’ex governatore della Basilicata, Marcello Pittella, venne arrestato nel luglio 2018 nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta Sanitopoli lucana. È stato assolto con formula piena dal tribunale di Matera. Per Pittella, attualmente consigliere regionale del Pd e fratello del senatore Gianni Pittella, il pm Salvatore Colella aveva chiesto tre anni di reclusione. A valle di un calvario giudiziario durato tre anni e mezzo, l’intero castello accusatorio è stato smontato. Tutto risolto? Per metà. Perché la vicenda ha segnato l’ex governatore, che fa sapere di voler votare i sei quesiti radicali sulla giustizia giusta e di voler suonare, per i dem, la sveglia del garantismo.
Qual è il suo stato d’animo in questo momento?
Grande sollievo. Ho tolto una montagna dalle mie spalle. Mi sento più libero di circolare tra la gente. Non perché qualcuno mi dicesse qualcosa ma per quel sospetto del non detto che ti fa additare come malfattore, pur in assenza di fatti commessi. E di condanne.
Alla fine che cosa è stata la “sanitopoli” lucana?
Una operazione roboante partita con 32 imputati. Sembrata da subito una enormità, e a leggere le carte oggi ancor di più. Da quelle carte io e i miei avvocati non abbiamo ravvisato niente di rilevante. Se non un quadro indiziario pieno di congetture ma privo di qualsiasi prova.
La sua storia è simile ad altre: sanitopoli in Regione, arriva l’inchiesta, si ottengono le dimissioni. Si va a votare e si rovescia il quadro politico. Ormai un protocollo brevettato. Che si conclude con l’assoluzione in sordina.
Nello specifico della mia storia, era in conclusione il primo mandato. Ed era scontata la mia rielezione per il secondo. Arriva l’inchiesta, le mie dimissioni, e lo schieramento avversario vince, cosa che non avrebbe mai potuto fare senza la spallata giudiziaria che ha cambiato la mia vita e quella della Regione.
Più che gli elettori, anche in Basilicata, il governo regionale lo hanno deciso i magistrati.
Sì. E aggiungo un fatto: mi era già stato prospettato dal mio partito un seggio in Senato. Tutto svanito, senza che io abbia mai agito illecitamente.
E com’è andata e come è andata con il suo partito, il Pd?
C’è stato un chiaroscuro. All’epoca dell’arresto guidava il partito Matteo Renzi, e Luca Lotti era tra i suoi bracci destri: entrambi mi manifestarono vicinanza e solidarietà. Poi ci fu l’avvicendamento di Renzi con Maurizio Martina. C’era ancora in ballo la mia candidatura al Senato, perché ero uscito dagli arresti domiciliari e rimanevo imputato a piede libero. Da Roma arrivò lo stop, la segreteria del Pd mi fece capire che se mi fossi fatto da parte sarebbe stato meglio per tutti.
Cioè mentre la magistratura è ancora incerta, il partito già emette il suo verdetto?
Esatto. Purtroppo va così. Ma dipende da chi interpreta i ruoli, a seconda dei momenti. Oggi mi aspetto un Pd che riconosca a tutti i livelli quanto è accaduto. Uno dei suoi governatori di Regione ingiustamente accusato, viene finalmente scagionato dopo tre anni e mezzo di calvario.
Tempo di fare una riflessione garantista, nel centrosinistra. Umbria e Abruzzo, come il Molise, hanno subìto l’attacco dei pm e fatto naufragare le esperienze di Catiuscia Marini e Ottaviano Del Turco. Quando arrivano le scuse dei magistrati, il Pd ha già calato la scure.
Il nodo del potere soverchiante dei magistrati è centrale per la qualità della democrazia. Da troppi anni e per vicende diversissime sono bastati i sospetti di qualcuno per archiviare il buon lavoro di persone capaci. Dispiace sentirsi sospettati o abbandonati da coloro con i quali avevi creduto di aver costruito una squadra comune.
Enrico Letta l’ha chiamata?
No, direi di no. Lo hanno fatto in tanti, dal Pd. Il ministro della difesa, Guerini. E decine di deputati e senatori. Il mio telefono è andato in tilt, dai messaggi affettuosi e dalle telefonate. Dalla segreteria del Pd no, riconosco il numero. Nessun messaggio di testo. Mi faccia guardare bene, posso sentire i messaggi nella segreteria telefonica…
Che cosa è lecito aspettarsi, adesso, per il suo futuro?
Recuperare serenità e salute. Perché ne ho bisogno. Rafforzare i rapporti con i cittadini, perché quale che sia il mio futuro, la passione civile non verrà mai meno. Dal mio partito, mi aspetto una chiacchierata che contribuisca a ristabilire il rapporto da far ripartire con una consapevolezza in più.
Quale?
Non si può fare politica fingendo di ignorare la gigantesca falla di sistema della giustizia. Quanto è accaduto a me deve stimolare una analisi un po’ più profonda su questo tema.