Politica
Partito democratico sempre più spaccato in Campania, De Luca stretto tra due fuochi
L’autunno è la stagione prediletta per la caccia alla volpe. E una caccia sembra quella che si è aperta nei confronti di Vincenzo De Luca. In questo periodo il Presidente della Regione è stretto tra due fuochi: le indagini giudiziarie e le contestazioni per le sue scelte politiche. Il trionfo dell’anno passato sembra una vita fa, anche se De Luca ha davanti a sè altri quattro anni di mandato, fino a settantasei anni. Quando iniziò a sbandierare la faccenda di una modifica legislativa per potersi candidare per un terzo mandato sembrava proprio voler dire, al di là del realismo di un simile scenario, che liberarsi di lui non sarà facile. Generalmente i secondo mandati vanno in parallelo con la nascita di nuovi equilibri, con il “post-”. Per Vincenzo De Luca la successione ha al limite il proprio cognome. Ma sta accadendo qualcosa. De Luca ha un rapporto burrascoso con il gruppo dirigente nazionale e ha sempre accusato il PD si pochezza programmatica.
Dalla nascita del partito, nel 2008, e anche prima, la Campania è sempre stata considerata appannaggio dei grandi notabili regionali: “hic sunt leones”, anche se poi i voti campani ai congressi nazionali hanno sempre fatto comodo. De Luca è emerso con forza nella crisi del potere bassoliniano (e demitiano) e dopo una breve lotta con alcuni notabili campani, non ha avuto più rivali, anche se si è rivelato incapace di venire a capo di un’area metropolitana di tre milioni di abitanti. Il suo governo e sottogoverno ha però irritato profondamente i politici napoletani.
Nel 2019 il Presidente ha determinato nel congresso regionale il nuovo segretario, Leo Annunziata. Nel frattempo sembrava doversi schiantare alle elezioni. La sua prova di governo non aveva convinto, ma vinse, e alla grande, grazie all’elmetto da “commander in chief” indossato nelle fasi della prima Covid. Che De Luca non abbia mai utilizzato a Salerno il simbolo del partito è cosa ormai nota. Ma è tra le elezioni del 2015 e quella del 2020 che nasce il “sistema” De Luca. “Campania libera”, l’esperimento del 2015 volto a traghettare esponenti dal centro-destra diventa un’organizzazione stabile e presente quasi ovunque. L’accordo con Mastella toglie al centro-destra un altro bel serbatoio di voti. La nascita di varie “civiche” regionali fa il resto. Ecco che le nove liste a sostegno del 2015 diventano quindici nel 2020. E il partito? Deperisce. Il Partito Democratico lascia a terra tra le due regionali il 3% (dal 20% al 17%). Nel ripetere lo schema a Napoli, il PD non guadagna un voto da quando nelle due tornate precedenti neanche era arrivato al ballottaggio. Se c’è un deficit di insediamento sociale, la controprova e il punto di rottura però sono state le elezioni di Benevento. Per mesi si sono succedute riunioni promosse dal segretario regionale Annunziata e Bonavitacola, braccio destro di De Luca, per spaccare il Partito Democratico e sostenere Mastella, al grido di una “coalizione di centrosinistra tra le forze che hanno portato alla vittoria il Presidente De Luca alle ultime elezioni regionali”.
Peccato che questa coalizione con Mastella e altri, prevedesse il Partito Democratico di Benevento dall’altra parte. E che a livello nazionale è un nonsenso. Quindi lo “schema” De Luca è un’enclave che fa male al PD. Di qui il cambio di passo. Da Roma è venuto giù tutto lo stato maggiore del partito a sostenere il candidato sindaco di Benevento Luigi Perifano. Il segnale va nella stessa direzione dei movimenti del neo-commissario PD di Avellino, dove al congresso in queste ore si rinnova l’eterno braccio di ferro tra Del Basso e De Luca, e delle risoluzioni del segretario metropolitano Marco Sarracino contro i “disertori” nelle elezioni napoletane. Altro che bassoliniani. Parlare a nuora perchè suocera intenda. Il cerchio si stringe attorno a De Luca, che del resto aveva un rapporto privilegiato a Roma con Luca Lotti, mentore del figlio e parlamentare Piero, attualmente autosospesosi dal partito. In fondo l’ascesa a ruoli di rilievo nazionale di De Luca si è prodotta nella stagione renziana, anche se è proseguita oltre. Oggi la copertura nazionale sembra non esserci più.
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