Referendum sulla premier
Patto dell’arrosticino, il centrosinistra sogna il colpaccio nel collegio di Meloni ma Travaglio rema contro
Opposizioni unite in Abruzzo, D’Amico si lancia: “Vinco con il 52%”. Più vicino l’accordo per Chiorazzo in Basilicata. Ma su Israele e Ucraina…
Saranno state le temperature di una primavera anticipata ma l’antivigilia del voto abruzzese, mentre subentrava il silenzio elettorale, ha segnato un clima di disgelo a sinistra. Uno scongelamento che parte da L’Aquila e arriva in Basilicata. Per l’Abruzzo, gli sfidanti di Marco Marsilio si presentano come noto con uno schieramento ampio per Luciano D’Amico, ex Rettore di Teramo, candidato del centrosinistra allargato. Ieri ha fatto professione di fede (e di speranza): “Vincerò io con il 52%”. La vecchia tattica della ‘profezia che si autoavvera’. La sua candidatura è un tutti dentro: raggruppa Pd, Movimento 5 Stelle, l’alleanza Verdi-Sinistra di Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, Azione di Carlo Calenda, Italia Viva di Matteo Renzi e +Europa di Riccardo Magi. I sondaggi non si possono dare, ma una rimonta – piccola o grande, resta da vedere – è data per scontata.
Il referendum su Meloni
Insieme a un altro dato: le singole liste non andranno forte. Ma la personalizzazione dello scontro – un piccolo referendum su Giorgia Meloni e il suo governo, nel suo collegio – lascia presupporre che molti elettori andranno alle urne per votare solo D’Amico presidente senza indicare il voto di preferenza ai partiti. Si vota solo domenica 10 fino alle 23 e lo spoglio avrà inizio subito: diversamente dalla Sardegna, già lunedì a metà mattinata ci sarà la proclamazione del vincitore, la ripartizione dei seggi e l’analisi dei flussi. Ma siccome stiamo entrando nel silenzio elettorale e di Abruzzo parleranno più le urne che i giornali, fatti tutti gli scongiuri d’ordinanza, seguiamo i big dei partiti del centrosinistra che finalmente scoprono di doversi occupare della Basilicata.
Chiorazzo e il rebus Basilicata
Anche perché Angelo Chiorazzo, il potente re delle coop bianche, è arrivato a Roma deciso a non ripartire senza una candidatura in tasca. E se di buon mattino è stato ricevuto da Elly Schlein al Nazareno, nella tarda mattinata ha raggiunto il presidente del M5S, Giuseppe Conte, nell’abitazione romana dell’ex premier. Chiorazzo, indicato a più riprese dal Pd lucano quale sua unica opzione, è stato praticamente imposto da Roberto Speranza: non c’erano, a sentire lui, alternative. “Stiamo lavorando per la Basilicata”, si è limitato a dire Conte, “abbiamo un programma e ora dobbiamo lavorare a una candidatura credibile e rappresentativa di tutti e di tutte le forze civiche. Ci siamo confrontati con Chiorazzo e continueremo a confrontarci con lui, con il Pd e tutte le forze che vogliono lavorare per uno schieramento progressista”
. D’altronde lo stesso Conte ha messo in chiaro di avere verso l’alleanza con il Pd una inclinazione naturale: “Ovviamente non ho mai pensato che il M5s potesse arrivare al 50,01%. È abbastanza improbabile. Bisogna poter lavorare e sicuramente il Pd è un protagonista del campo progressista. Col Pd c’è dialogo a partire al salario minimo. Abbiamo lanciato la legge di iniziativa popolare. La sosterremo perché siamo testardi: quando ci sono delle battaglie a favore dei cittadini non demordiamo e non molliamo mai”.
Grillo e i manifesti con la scritta “stupratore”
Se Pd e M5S lavorano per un centrosinistra unito, dovranno rinunciare all’ingombrante – e esorbitante – figura di Beppe Grillo. Il padre-padrone del grillismo delle origini ha bruciato ogni ascendente con le associazioni per la parità di genere e i diritti da quando ha imbracciato la clava per difendere il figlio dall’accusa di violenza sessuale. Prova ne sia il festante corteo romano dell’8 marzo che transitando per le vie del centro della capitale ha preso di mira i manifesti dello spettacolo teatrale di Grillo. Sono stati imbrattati e strappati i manifesti del fondatore del Movimento e su uno di questi le donne che prendevano parte alla manifestazione promossa da Non una di Meno hanno scritto con la vernice rossa ‘’stupratore’’. ‘’Ha difeso a spada tratta uno stupratore, vittimizzando la donna che il figlio aveva stuprato’’, hanno gridato le attiviste al megafono e poi: ‘’Non ti vogliamo nei nostri teatri’’. I manifesti pubblicizzavano il nuovo spettacolo di Beppe Grillo al teatro Olimpico ‘Io sono un altro’. Dice di essere un altro, ma per le manifestanti è invece proprio lui. Sempre lo stesso Grillo.
E dal Movimento di Grillo prende le distanze anche la neoeletta presidente della Sardegna, Alessandra Todde. “Io non appartengo, e non sarei mai entrata, nel ‘primo’ M5s. Anche se rappresentava un mondo anti-sistema che in quel momento era necessario”, ha dichiarato ieri la stella nascente del contismo. Una distanza che la pone come interlocutrice naturale del Pd: con lei Elly Schlein sta tessendo un’amicizia anche personale destinata da un lato a rafforzare l’asse con il Movimento, dall’altro a segnare le premesse della fine della parabola di Giuseppe Conte. Le tensioni si spostano dalle regioni allo scenario internazionale. Oggi a Roma – dopo il corteo dell’8 marzo di ieri – scendono in piazza le sigle che contestano Israele e manifestano solidarietà al popolo palestinese. Il Pd non ha aderito formalmente ma ci saranno, comme d’habitude, singoli esponenti senza bandiere. L’adesione del M5S potrebbe invece arrivare last minute e perfino Conte potrebbe far capolino nel corteo.
Dal lato opposto dello schieramento, Piero Fassino e Lia Quartapelle insistono per rimettere le lancette sul 7 ottobre e rilanciano un documento di solidarietà a Gerusalemme. Il Fatto di ieri, in spregio dell’8 marzo, apriva con un editoriale di Marco Travaglio, considerato il più vicino a Conte, tutto teso a dileggiare la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, del Pd. La diretta interessata reagisce così: “Travaglio mi dedica il suo editoriale in prima pagina utilizzando la tecnica patriarcale del dileggio dell’interlocutrice. L’occasione è comunque utile e gradita per ricapitolare alcune informazioni utili a Travaglio: l’invasione dell’Ucraina da parte Russa è iniziata dal 2014 e i morti celebrati dal murale di Jorit a Mariupol, pagato dalla propaganda del Cremlino, sono responsabilità russe; Putin è un criminale di guerra e la Corte penale internazionale dell’Aja ha spiccato un mandato di cattura; la Russia dal 2014 ha avviato una imponente opera di interferenza nei confronti delle democrazie europee secondo i dettami della guerra ibrida teorizzati e applicati dal generale Gerasimov”. Il centrosinistra condividerà pure la passione per gli arrosticini ma se poco poco ci si sposta fuori confine è facile veder volare i piatti.
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