Divide la lunga e sofferta dichiarazione dell’ex ministro e quasi candidato del centrosinistra Gaetano Manfredi su Napoli. Parla delle elevate aspettative dei cittadini per il futuro della città che sarebbero inevitabilmente frustrate e disattese a prescindere dal prossimo sindaco. Descrive una realtà dove chi sarà eletto farà il commissario liquidatore e non potrà progettare la città del futuro. C’è chi in quelle parole vede la conferma della serietà del personaggio, abituato a studiare le carte prima di esprimersi. Sul fronte opposto, però, c’è chi nota una singolare esternazione capace di dare corpo a una sorta di “contro-pedagogia” della politica.

Che Manfredi sia una persona di valore è sicuro, ma la seconda opinione ha un certo fondamento. La dichiarazione dell’ex ministro sorprende. La situazione di Napoli è notoria e se ne discute da anni. Quanto ai napoletani, nutriranno anche aspettative molto elevate, ma sono loro che hanno votato e rivotato i tre sindaci che hanno amministrato la città da quando è stata introdotta l’elezione diretta. In tutta questa retorica sul “patto per Napoli” auspicato da Manfredi non c’è nessun cenno al ruolo della politica e della classe dirigente partenopea che hanno lasciato degenerare le cose fino a questo punto. Ma anche se si volesse seguire la logica dell’intervento, quale sarebbe la conclusione alla quale il lettore dovrebbe pervenire? È tempo solo di politici di secondo piano o, meglio, bravi commercialisti? Quando sento parlare di “patto per Napoli” temo che ci sia molto fumo e come arrosto la solita, vecchia, idea del ripianamento dei debiti a piè di lista da parte dello Stato. La garanzia non può risiedere in una persona, chiunque essa sia. Napoli ha un problema enorme, ma la cattiva amministrazione non si risolve con un colpo di spugna a carico dei contribuenti.

Sulla scia di Manfredi si sono espressi, con singolare tempismo, Giuseppe Conte («La sua denuncia sul dissesto, sui vincoli di bilancio e sulla prospettiva di mera liquidazione che compromettono il futuro di Napoli, merita una chiara assunzione di responsabilità da parte di tutte le forze politiche), oltre che Roberto Fico e il Partito democratico. Ci si chiede che cosa abbiano fatto, rispettivamente, il primo da presidente del Consiglio, il secondo da dirigente politico con una forte presa in città, il Pd nell’amministrazione e poi dall’opposizione, per migliorare la situazione, accompagnare i Comuni indebitati verso percorsi virtuosi o anche solo per denunciare in tempi non sospetti la situazione dell’amministrazione partenopea. Nulla.

Immaginiamo cosa direbbero se fosse una destra, ipoteticamente grande favorita per la guida di Palazzo San Giacomo, a fare la proposta del “patto per Napoli”, con la non secondaria intenzione di vedersi condonato il debito e ripartire come se nulla fosse. Come chiedeva, tra l’altro, il sindaco uscente Luigi de Magistris. In Italia ci sono circa mille Comuni in dissesto o pre-dissesto ai quali va offerta una prospettiva con una soluzione di ordine contabile-finanziario rispettosa della regole e dei soldi dei contribuenti italiani. Non si vede perchè Napoli debba fare eccezione.