Il troppo stroppia. Salvini ha esagerato in Emilia-Romagna. Così ha messo in moto una risposta in primo luogo datagli attraverso il voto per Bonaccini, un presidente di regione che aveva ottimamente governato. Poi la risposta è passata attraverso le sardine e comunque attraverso chi l’ultimo giorno ha deciso di andare a votare per dirgli di no per bloccare la sua “resistibile ascesa” proprio nella regione espressione della storia della sinistra italiana. Bonaccini è l’autentico vincitore di queste elezioni per come è stato presidente della regione e per come ha affrontato le elezioni.
Il Pd usufruisce della sua scia, ma deve cantare vittoria in modo molto sobrio perché Zingaretti e gli altri dirigenti del Pd hanno partecipato alle elezioni romagnole nelle retrovie, in punta di piedi e non in prima fila perché il Pd come tale, come leadership e come gruppo dirigente non faceva impazzire nessuno.
Non parliamo poi del governo: lo schema umbro è stato totalmente cancellato. Solo per questo un atipico centro-sinistra ha vinto e Salvini ha perso. In Emilia, poi, da una lato Forza Italia dall’altro lato il Movimento 5 stelle sono andati incontro ad un autentico disastro politico. Di conseguenza, però, sia lo schema del centro-destra a guida Salvini sia del centro-sinistra come proiezione del governo non hanno funzionato. Il risultato della Calabria deve essere materia di riflessione sia per Salvini che per il Pd.
In Calabria la Lega di Salvini è andata incontro ad una netta sconfitta. Quello schema non ha funzionato. Lì la vittoria del centro-destra avviene grazie alla candidatura della berlusconiana Santelli per il relativo successo di Forza Italia in quanto tale, della lista della presidente ad essa collegata, ma anche per ben due liste centriste, una di ispirazione post democristiana e l’altra post socialista (Zavettieri) che sono autonome da Forza Italia, ma del tutto agli antipodi da Salvini.
Quindi in Calabria non ha vinto il centro-destra a guida Salvini (sostenuto anche da tutto l’apparato mediatico di Mediaset per il quale la Lega è il Milan e Forza Italia è il Monza) ma ha vinto per molti aspetti un centro-destra della belle epoque guidato da una personalità storica di Forza Italia come Jole Santelli e ben imbottito da due liste centriste, di ex democristiani e di ex socialisti.
Tutto ciò in barba agli schemi prevalenti nei talk show e sui giornali. A sua volta il centro-sinistra guidato da Zingaretti in Calabria registra una secca sconfitta (con il Pd al 15%) perdendo una regione finora governata e avendo messo in evidenza contraddizioni irrisolte fra il cosiddetto “nuovo” Callipo (in questo caso il tonno ha funzionato molto meno delle sardine) e il cosiddetto vecchio, cioè Oliviero, al quale non è stata data rappresentanza nelle liste.
Mentre il voto in Emilia-Romagna e in Calabria presenta queste profonde differenze, l’unico elemento omogeneo è costituito dal disastro del Movimento 5 stelle che in entrambe le situazioni si è voluto presentare da solo e non ha neanche lontanamente sfiorato il 10%. È evidente che Di Maio avendo la precisa nozione del disastro annunciato ha fatto una geniale operazione di recupero con le dimissioni anticipate perché così si è trattato non di un passo indietro (dimissioni irrevocabili), ma di un passo di lato per ripartire. Comunque, a meno che il M5s non voglia fare la fine di quelle sette americane che facevano suicidi collettivi, è probabile che tutto ciò rafforzi il governo, ma non rafforza, nel governo, le posizioni grilline sui contenuti: ci riferiamo in primo luogo alla questione della prescrizione.
Su quel nodo ci sembra difficile che il duo Travaglio-Bonafede possa dare compiuta espressione alle sue battute sulla “normalità” della presenza degli innocenti in carcere che è ispirata dalla filosofia di Davigo secondo il quale la grande maggioranza dei cittadini sono dei colpevoli a piede libero che finora l’hanno fatta franca. In effetti costoro (Davigo, Travaglio, Bonafede), per usare un’espressione di moda, sono nati nel posto sbagliato nel momento sbagliato; avrebbero dovuto nascere o nell’Italia degli anni ‘30 o nella Cecoslovacchia dagli anni ‘50 agli anni ‘80.
La politica in Italia è sempre stata una cosa seria, spesso drammatica, buffoni e saltimbanchi sono saliti in certi momenti sul palcoscenico, ma solo per dar vita a brevi siparietti.
Abbiamo l’impressione che quest’ultima fase sia finita e che il confronto ritorni ad essere fra posizioni contrapposte ma tutte caratterizzate da una grande serietà.