È la classica corruzione senza corrotti. O almeno così sembra essere. Non è stata trovata la “pistola” fumante nella nuova maxi indagine del pm napoletano Henry John Woodcock. La vicenda è stata brevemente riassunta ieri dal Riformista. Secondo la Procura del capoluogo campano, diretta da Giovanni Melillo, i vertici dell’università telematica Pegaso, nata nel 2006 e forte attualmente di centomila iscritti e circa seicento enti convenzionati, fra cui l’Arma dei carabinieri, sarebbero riusciti a far votare un emendamento alla legge di Bilancio dello scorso anno. L’emendamento in questione, al comma 721, cambiava il regime fiscale nei confronti degli atenei privati, agevolando quindi la Pegaso.

Fra gli indagati, il presidente della Pegaso, Danilo Iervolino, difeso dagli avvocati Vincenzo Maiello e Giuseppe Saccone, il direttore generale Elio Pariota, anch’egli difeso dall’avvocato Saccone, il capo ufficio marketing Maria Rosaria Andria, il vice prefetto Biagio Del Prete, all’epoca dei fatti capo segreteria del Miur, e alcuni professionisti. Indagato anche il professore di Diritto commerciale Francesco Fimmanò, componente del Consiglio di Presidenza della Corte di Conti, per aver rappresentato l’università nel procedimento innanzi alla Sezione consultiva del Consiglio di Stato.

Fimmanò si era visto piombare in casa all’alba dello scorso 2 febbraio una decina di finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Napoli, Woodcock e il sostituto Gianfranco Scarfò, oltre a un numero non meglio precisato di consulenti e periti, solo per sequestrargli il telefonino e una agenda. Sequestro poi annullato dal Riesame. L’emendamento in questione era stato presentato in Commissione a Palazzo Madama il 9 dicembre del 2019 dalla grillina Rossella Accoto e dal piddino Dario Stefano. Il problema, però, è che non c’è mezza intercettazione o altro fra Iervolino e i due senatori che con il loro emendamento avrebbero avvantaggiato fiscalmente l’università Pegaso. Vale la pena ricordare che Iervolino oltre al telefono intercettato per oltre un anno era pieno di cimici disseminate ovunque, a iniziare dalla sua autovettura. «La ricerca di elementi info-investigativi significativi di contatti o di legami pregressi ha dato esito negativo», scrivono laconici i finanzieri agli ordini del capitano Fabio Fortunato dopo mesi e mesi di intercettazioni.

Quindi, riassumendo, gli istigatori dell’emendamento sono tutti indagati, chi ha proceduto materialmente alla sua approvazione, no. O almeno parrebbe così. Nei giorni scorsi, però, il Riesame di Napoli, presidente Alfonso Sabella, ha annullato tutti i sequestri dei cellulari e dei tablet che erano stati eseguiti dagli inquirenti, ritenuto assente il cosiddetto “fumus”. Circostanza più unica che rara che venga annullato un decreto di sequestro probatorio che, per sua natura, si fonda su ipotesi indiziarie minime.

L’avvocato Fimmanò, nel frattempo, ha deciso di cancellarsi dall’ordine degli avvocati di Napoli. “Sono più realista del re”, ha scritto questa settimana in una nota indirizzata ai vertici degli uffici giudiziari napoletani. Se un avvocato viene indagato solo per aver esercitato la sua attività è meglio cambiare aria, si sarà detto.