Ormai è chiaro: Piero Amara è credibile solo quando parla di Luca Palamara e Cosimo Ferri. Quando parla di altri la sua credibilità va a farsi friggere. Con tre articoli fotocopia, Fatto Quotidiano, Corriere e Repubblica, hanno dato ieri la notizia che la Procura di Perugia ha archiviato l’indagine finalizzata a verificare se l’ex ministra della Giustizia Paola Severino e l’ex vice presidente del Csm Michele Vietti fossero, come riferito da Amara, esponenti della loggia Ungheria. Solo “riscontri negativi”, a differenza di quanto accaduto per Palamara e Ferri, avrebbero fatto sapere i pm.

Amara, interrogato il 10 giugno scorso a Potenza, aveva messo Ferri al “centro del sistema” delle nomine dei magistrati. Una affermazione, va detto, completamente campata in aria in quanto pure le pietre sanno che Ferri e il suo gruppo, Magistratura indipendente, sono stati all’opposizione per dieci anni grazie al patto di acciaio che Palamara aveva stretto con la sinistra giudiziaria. Una prova del limitato potere di Ferri emerge, ad esempio, nella partita per le nomine dei procuratori aggiunti di Roma: su dieci posti disponibili a Mi ne è toccato soltanto uno, quello di Antonello Racanelli, tutti gli altri sono stati appannaggio di Magistratura democratica e Unicost. Ma torniamo ad Amara. Il 12 giugno 2019 il Palamaragate è esploso da una decina di giorni e Amara viene interrogato a Perugia. I pm gli fanno vedere cosa disse di lui l’ex socio Giuseppe Calafiore ai sostituti di Roma Milano e Messina il 18 luglio 2018, in particolare gli mostrano il suo interessamento per la nomina a procuratore di Taranto di Carlo Capristo.

«Non è affatto vero – risponde secco Amara – che io ho sollecitato Capristo a presentare una domanda per diventare procuratore di Taranto, ribadisco di non essere intervenuto con nessuno per favorire tale nomina. Calafiore si è inventato tutto e credo che abbia detto queste cose in quanto aveva una forte acrimonia nei miei confronti. Calafiore ha detto altre circostanze false nel corso di vari interrogatori e che ho smentito in più circostanze. Non lo posso denunciare per calunnia in questo caso in quanto non mi ha accusato di un reato. Comprendo il suo stato d’animo avendolo io accusato di una serie di reati che lui non aveva ammesso». «Evidenzio – prosegue Amara – che Calafiore non conosceva Ferri», puntualizzando che «in una conversazione ambientale registrata nell’ufficio di Giancarlo Longo (pm a Siracusa, ndr) egli rassicura il magistrato affermando di aver parlato con Ferri per tutelarlo nel conflitto in atti (con il suo procuratore, ndr)”. «Tale circostanza non era affatto vera: Calafiore infatti cercava di indurre Longo a non andar via da Siracusa mentre questi dopo i primi contrasti aveva pensato di cambiare sede», conclude quindi Amara. Passano i mesi e il 14 dicembre successivo Amara viene nuovamente ascoltato, questa volta a Milano, dove rivela l’esistenza della loggia Ungheria.

Amara arriva preparato all’appuntamento con i pm milanesi Laura Pedio e Paolo Storari e produce la trascrizione di quel colloquio tra Calafiore e Longo. «Nelle intercettazioni si fa riferimento all’intervento di tale Cosimo – che dicono essere Cosimo Ferri – il quale all’epoca era richiesto da parte nostra di intervenire sul procuratore Giordano per tranquillizzarlo in merito all’indagine che Longo svolgeva nella vicenda Eni», esordisce Amara, illustrando la trascrizione in questione. «Aggiungo che l’interlocuzione con Ferri avveniva da parte mia e di Calafiore tramite Denis Verdini, ma si trattava solo di una cautela in quanto il rapporto tra noi e Ferri era diretto e estremamente confidenziale», ricorda Amara. Riassumendo: il 12 giugno 2019 Amara dice che Calafiore non conosceva Ferri, mentre il 14 dicembre dello stesso anno lo conosce ed ha, anzi, un rapporto «diretto ed estremamente confidenziale».

Il 12 giugno l’intervento di Ferri su Giordano era “fittizio” e motivato dallo scopo di fare rimanere Longo a Siracusa. Una truffa quindi ai danni del pm. Il 14 dicembre, invece, l’intervento di Ferri su Giordano diventa reale e comprovato dalle intercettazioni. Inutile dire che i pm di Milano e Perugia, allo stato, non hanno contestato ad Amara la difformità del suo racconto su Ferri. Sul fronte della Procura di Roma, è notizia di ieri, è arrivata da Firenze per competenza territoriale la denuncia che nei mesi scorsi Palamara aveva presentato contro Piercamillo Davigo ed il laico del Csm Fulvio Gigliotti. L’ex pm aveva stigmatizzato la loro mancata astensione, pur essendo essi a conoscenza delle dichiarazioni di Amara, nel procedimento disciplinare nei suoi confronti. Il fascicolo è stato assegnato al pm Fabrizio Tucci.