Da uno a due anni di sospensione
Per i cinque dell’Hotel Champagne, Salvi sceglie la linea soft
Sospensione dalle funzioni e dallo stipendio per un periodo da uno a due anni. Poteva andare molto peggio. È questa la richiesta di condanna della Procura generale della Cassazione nei confronti dei cinque ex togati del Consiglio superiore della magistratura che la sera dell’8 maggio del 2019 ebbero la malaugurata idea di partecipare ad un dopo cena all’hotel Champagne di Roma insieme a Luca Palamara e ai deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti. Oggetto dell’incontro conviviale, come ormai stranoto, la nomina del successore di Giuseppe Pignatone al vertice della Procura di Roma.
Il convivio togato, registrato con il trojan inserito nel cellulare di Palamara dalla Procura di Perugia che lo stava indagando per corruzione, finì sui giornali e successe il finimondo.
Questa vicenda «ha segnato un punto di non ritorno, quello che è successo è irreversibile: l’impatto sull’opinione pubblica è stato pessimo ma proprio per questo c’è un gran desiderio di voltare pagina», aveva affermato severo il procuratore generale Giovanni Salvi durante la conferenza stampa in Cassazione in cui aveva illustrato ai giornalisti le mosse della Procura generale, competente per l’azione disciplinare.
Il primo a finire alla sbarra era stato proprio Palamara, radiato poi dalla magistratura al termine di un turbo processo conclusosi ad ottobre dello scorso anno.
Diverso destino, dunque, per i cinque ex consiglieri.
Palamara venne accusato di «aver violato i doveri di correttezza ed equilibrio, tenendo un comportamento gravemente scorretto nei confronti dei colleghi che avevano presentato domanda per il posto di procuratore della Repubblica di Roma». E poi di aver «interferito nell’esercizio degli organi costituzionali».
Palamara, inoltre, avrebbe pianificato una strategia per danneggiare Giuseppe Creazzo, procuratore di Firenze, uno degli aspiranti al posto di Pignatone. “Discredito” era stato posto in essere da Palamara anche nei confronti dell’aggiunto della Capitale Paolo Ielo e dello stesso Pignatone.
L’astio di Palamara nei confronti di Ielo, in particolare, sarebbe dovuto al fatto che quest’ultimo aveva trasmesso a Perugia gli accertamenti della guardia di finanza sui suoi rapporti il faccendieri Fabrizio Centofanti. Accertamenti che avevano determinato l’apertura dell’indagine per corruzione, “sbarrandogli” di fatto la strada verso la nomina a procuratore aggiunto a piazzale Clodio. Il processo inizierà a novembre.
«Gravi violazioni dei doveri di correttezza ed equilibrio, scorrettezza verso i colleghi e il tentativo di condizionare in maniera occulta l’attività della commissione incarichi direttivi del Csm» era stata, invece, l’incolpazione formulata nei confronti dei cinque ex togati: tre di Magistratura indipendente, la corrente di destra delle toghe, Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, Antonio Lepre, e due di Unicost, il gruppo di centro, Gianluigi Morlini e Luigi Spina.
Per la Procura generale, che ha usato la mano leggera rispetto a Palamara, avrebbero sostanzialmente subito il condizionamento di quest’ultimo che aveva interesse a diventare procuratore aggiunto a Roma, e di quello di Lotti che voleva un procuratore che in qualche modo sistemasse la sua posizione nel processo Consip dove era imputato.
Nella prossima udienza, in programma il 6 settembre, sono previsti gli interventi delle difese. La sentenza entro l’anno.
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