Nella Legge di Bilancio sono preannunciate misure di contrasto alle denatalità, le stesse commentate qualche giorno fa da Enrico Giovannini e Carlo Cottarelli con l’invito all’opposizione a non sottrarsi al confronto. La ministra Roccella, con la stessa intenzione, ha appena proposto più recentemente un patto per la maternità. Ma c’è un equivoco di fondo. Intendiamoci: il sostegno alle famiglie con figli è doveroso. Ma se si pensa che la denatalità si contrasti così, si sbaglia completamente l’analisi delle sue ragioni.

Gli ostacoli

È la libertà di scelta delle giovani donne che dobbiamo promuovere: la maternità non è un destino e non può neppure essere una rinuncia. Il tema non ha mai avuto l’attenzione necessaria: nel tempo è stato più oggetto di polemica politica che di politiche, segnato a destra dall’idea della maternità come destino e contrastato a sinistra per questa stessa ragione. Eppure la realtà indica la strada. L’emergenza denatalità convive con il desiderio di genitorialità, doppio rispetto al numero dei figli reale e tale differenza-rinuncia è determinata da molti ostacoli. In particolare dai limiti del welfare, dalla rigidità dell’organizzazione di impresa, dall’equivoco per cui la maternità sia un costo per le imprese, dalla mancata condivisione delle responsabilità di cura.

Un patto

Non esiste politica efficace di contrasto alla denatalità se non si affrontano le cause che la determinano. Intorno a un fulcro: l’aumento dell’occupazione femminile. È questo che va indicato al paese come interesse pubblico per l’impatto positivo sull’intero sistema. È su questo che occorre promuovere un patto tra le imprese, le organizzazioni sindacali, le amministrazioni pubbliche, l’informazione, la scuola e tutto il sistema di istruzione e formazione. Ognuno per la propria parte. Accompagnato da politiche pubbliche di investimento nelle infrastrutture sociali e di promozione della condivisione della cura.