Pecore nere
Per ogni guaio italiano ve n’è uno peggiore in Calabria
Accade di contrapporre il male altrui al proprio, lo si fa per incoraggiarsi. È un fatto umano dai connotati pericolosi se da vizio dell’uomo si trasforma in metodo sociale: una società individua un suo pezzo sofferente, lo addita per sentirsi migliore. Inidoneità, ignoranza, furbizia, egoismo, anche un pizzico di razzismo ne sono causa. Pensando alla Calabria, la sua classificazione tra il peggio è effetto anche dell’autorazzismo: si è accettato il ruolo della pecora nera, assistendo e contribuendo alla costruzione di una rappresentazione della realtà. Si è partiti con i risolini e le chiacchiere degli stessi calabresi che riguardavano piccole porzioni del proprio territorio, dai riottosi, ribelli e irredimibili africoti di Stajana letteratura, si è passati alla razza dannata, sanlucota, platiese, locridea. Si è arrivati a una Calabria totalmente irredimibile, con un morbo che ha preso a seguire i calabresi in fuoriuscita.
I meridionali in genere e i calabresi in particolare: non sono più ciò che sono, solo quello che appaiono. E la sostituzione della rappresentazione al reale non serve alla vittima né a chi si consola del suo male. A elencarli tutti, i mali calabresi o meridionali, servirebbero parecchi saggi, il Sud ha bisogno di verità, brutale, gli serve una classe intellettuale che ne apra le piaghe senza pietà, e poi una classe dirigente che, una a una, provi a curarle. E poi serve un popolo che sostenga l’una e spinga in punta di lama l’altra. Al momento mancano tutti. La Calabria, per esempio, non è più un luogo fisico, abitato da uomini. È una narrazione fatta da fuori, con complicità interne, che quotidianamente riempie i mezzi di informazione.
Per consolare gli altri e affossare se stessa. È il modo giusto per non aiutarla. Ma questa Italia è un Paese che s’ostina a tenere i sudici sul banco degli imputati, additando ogni loro vizio, come solo loro vizio e non il sintomo di un’infezione che tocca tutti, un’Italia che cinicamente accetta la loro messa all’angolo non fa un favore a se stessa. E pure se è vero, se si deve parlare di mala sanità si tira in ballo la Calabria, la si tira in ballo per la mala politica, per la scuola cattiva, per il dileggio dell’ambiente. Per ogni guaio italiano vi è uno peggiore che alligna in Calabria.
E poi da lì parte il mostro dei mostri, la ‘ndrangheta, che più la si combatte e più cresce e più invade il mondo. Le narrazioni non sono neutre, hanno il potere di spodestare la realtà dal suo posto e atterrare definitivamente un contesto. La Calabria questo è, il Sud questo sta diventando, oltre ad averli i drammi: la consolazione dei mali, che sono anche altrui, che sono di tutti.
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