L'intervento
Per rigenerare la città puntiamo sull’innovazione
Il Covid-19 ci costringe a ragionare sul nostro ambiente di vita: la città, il territorio, il paesaggio. In questi giorni tutti o quasi reclamano un ritorno alla normalità, spesso in nome di un modello di sviluppo che di fatto è la causa prima della attuale emergenza sanitaria che ha messo in evidenza, in tutta la sua drammatica realtà, la fragilità della città contemporanea. La storia ci racconta che Napoli non è immune dalle emergenze sanitarie. Alle quali, peraltro, la nostra risposta è stata di tipo medioevale: abbiamo chiuso le città, le case! Quindi se pretendiamo di tornare alla normalità riprendendo le nostre attività secondo le consuete modalità e confermando il vecchio modello di sviluppo, allora la pandemia non ci ha insegnato niente. Bisogna cambiare tutto: il nostro modello di sviluppo, la nostra capacità di occupare e integrarsi armonicamente con il territorio in uno sviluppo sostenibile che tenga davvero conto delle peculiarità e diversità dei luoghi dell’abitare.
Non esiste una soluzione uguale per tutti. Le risposte e le soluzioni vanno ricalibrate per le diverse realtà: ogni città, ogni territorio ha potenzialmente il suo diverso sviluppo, le sue qualità specifiche. Bisogna attivare ed esaltare le diversità territoriali per un futuro che metta al centro l’uomo e riporti la città alla sua funzione di luogo sicuro e gradevole per la nostra vita insieme. Un tema fondamentale è la casa, la pandemia ha messo in evidenza tutte le carenze e le mancanze della casa contemporanea. Abbiamo scoperto che bisogna aggiungere altri ambienti: un ingresso chiuso, un terrazzo un luogo per il lavoro agile. Bisogna mettere in campo un grande piano per la casa, recuperare e rigenerare il grande patrimonio edilizio pubblico in vista di un nuovo equilibrio sociale che è il vero nodo del nostro sistema economico: costruire il costruito.
La Regione Campania potrebbe candidarsi a elaborare un piano di innovazione. Non è più il tempo delle manutenzioni. Bisogna fare una vera innovazione. In alcuni casi significa anche recuperare le nostre tradizioni, attivare dei laboratori, gestire i dati tra città dispersa e città compatta. Intervenire con azioni precise, con prototipi, ecco perché è importante discutere con le istituzioni e i soggetti decisori: dobbiamo individuare quali possono essere i prototipi che a varie scale ci permettono di sperimentare soluzioni e risposte al passo con i tempi. Dobbiamo cambiare il nostro comportamento, non farsi trovare impreparati da un’altra crisi. Il modello Milano, di tipo centralistico, ha mostrato una grande fragilità di fronte a un evento imprevisto.
Questa fragilità mette in evidenza la necessità di riscoprire modelli di urbanizzazione completamente diversi che vanno sperimentati sul campo e rimodulati all’occorrenza in un continuo cammino verso la costruzione di una città rispettosa delle nostre naturali esigenze. Non si tratta di un ritorno nostalgico a un mondo che fu, ma della costruzione di un futuro possibile dove il progetto costruisce e genera legami tra le persone e non è solo un atto per far crescere il pil. È vero, in periodo di crisi bisogna spendere risorse pubbliche.
Come si dice? Scava una buca e poi sotterrala. Allora, se proprio dobbiamo fare una buca, facciamola utile. Non servono slogan, ma azioni concrete e diverse per ogni luogo. Ma visto che a volte gli slogan sono più efficaci nel mondo contemporaneo, allora dico: pensare, pensare, pensare. Non significa perdere tempo, ma attivare con coerenza e capacità azioni concrete e utili per tutti senza sprecare le ingenti risorse a disposizione.
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