Nell’ultima bozza disponibile del decreto ‘Asset e investimenti’, il provvedimento atteso lunedì in consiglio dei ministri, l’articolo 15 riguarda la società per il Ponte sullo Stretto. Nell’articolo, ‘Disposizioni urgenti per garantire l’operatività della società concessionaria di cui all’articolo 1 della legge 17 dicembre 1971, n.1158’ è previsto che alla società “non si applicano” le disposizioni di alcuni commi del decreto legislativo del 2016  che prevedono il limite di 240 mila euro dei compensi massimi per amministratori, i titolari e componenti degli organi di controllo, i dirigenti e i dipendenti.

Immediata la reazione delle forze politiche. Maria Elena Boschi, deputata di Italia Viva, è nettissima: “Col Governo Renzi abbiamo messo un tetto allo stipendio dei manager: 240mila€. Con Meloni e Salvini invece salta il tetto, a cominciare dai manager della società del Ponte. Con i problemi che ha il trasporto pubblico la priorità è aumentare questi stipendi? Noi voteremo contro”. Daniela Ruffino, deputata di Azione, commenta caustica: “La presidente Meloni si è imposta due mesi di riflessione per discutere la proposta di salario minimo a 9 euro, ma sono bastati pochi minuti e un emendamento della Lega per rompere il tetto dello stipendio dei manager pubblici, fissato a 240 mila euro, a favore dei manager e del CdA della società Ponte sullo Stretto”. Ed ancora Raffaella Paita, coordinatrice di Italia Viva: “Il #pontesullostretto deve essere realizzato subito. Il governo #Meloni metta le risorse sull’opera non sullo stipendio ai manager. Azzardo una previsione. Viste le capacità di Salvini, il Ponte non si farà e l’unica cosa che rimarrà di questa vicenda e’ lo stipendio d’oro al manager della società. Il tetto dei 240 mila euro introdotto dal governo #Renzi e’ sacrosanto, fuori da ogni logica farlo saltare”.

Il tetto agli stipendi dei manager pubblici era stato più volte tentato negli anni dai governi Prodi, Berlusconi e Monti, e perfino Letta, che però non erano riusciti a comprimere gli stipendi dei manager delle società pubbliche. Era stato peraltro introdotto un tetto pari allo stipendio del primo presidente della Corte di Cassazione, un importo che era di circa 320mila euro, sempre al lordo dell’Irpef. Questa tagliola per le buste paga è scattata, durante il governo Monti, solo per i dirigenti della pubblica amministrazione, dei ministeri, delle agenzie, ma per estenderla ai manager delle società controllate dallo Stato occorreva un ulteriore decreto del ministero dell’Economia che è stato varato dal governo Letta. Ma fu finalmente sotto il governo di Matteo Renzi che il tetto fu fissato allo stesso livello dello stipendio del Presidente della Repubblica, e cioè di 240mila euro.

 

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