Nel “Si&No” del Riformista spazio al ricordo di Silvio Berlusconi, scomparso nelle scorse ore. La domanda la centro del dibattito è la seguente: “Ha cambiato l’Italia in meglio?”. Interpellati il giornalista Paolo Guzzanti, secondo cui l’ex premier “ha trasformato politica e società, era un conservatore che amava il progresso“, e il costituzionalista Stefano Ceccanti. “Fu l’immobilismo a produrre un’innovazione sbagliata” sostiene.

Qui l’editoriale di Ceccanti:

Alla fine, in un giudizio estremamente sintetico, possiamo dire che il Berlusconi politico non ha migliorato l’Italia, ma questo giudizio negativo non assolve molti altri attori che avrebbero potuto e dovuto contribuire a esiti migliori. Il sistema politico italiano era già pronto almeno dal 1989 col venir meno definitivo della Guerra Fredda ad approdare alla normalità europea di due schieramenti principali che si alternano senza traumi alla guida del Governo. Le componenti moderate dei partiti di Governo avrebbero potuto dar vita a un normale centrodestra italiano legato al Ppe. Vari i leaders possibili a partire da Mario Segni. Ciò però avrebbe significato la fisiologica divisione in due di quel partito anomalo che era la Dc italiana, effetto dell’anomalia di una sinistra ad egemonia comunista, le cui componenti progressiste minoritarie avrebbero dovuto sin da allora porsi il problema della costruzione dello schieramento alternativo.

Il Psi avrebbe dovuto per questo rinunciare alla sua comoda posizione di ago della bilancia che gli dava un potere sproporzionato rispetto ai voti. Il Pci superare la logica difensiva e identitaria in cui era caduto dopo la fine della solidarietà nazionale. Ma erano tempi di logiche difensive, del blocco all’innovazione costituito dal cosiddetto Caf (Craxi Andreotti Forlani). I due modernizzatori degli anni’ 80, De Mita e Craxi, pur di eliminare il rivale, si erano arresi alla palude delle componenti moderate della Dc che preferivano tirare a campare, cercando persino di ostacolare l’unificazione tedesca. Difficilmente dalle paludi prolungate nasce un’innovazione razionale. Quella che fu tentata dal basso col movimento referendario da sola poteva fare relativamente poco.

L’ultima occasione di un polo democratico ante litteram fu perduta col Governo Ciampi, con l’uscita repentina dei ministri del Pds dal Governo, che bloccò una convergenza che se fosse durata avrebbe portato anche ad un’alleanza democratica alle successive e non troppo frettolose elezioni politiche. In quel momento, vedendo il vuoto politico nello schieramento opposto, la divisione tra centro e sinistra, illusi di poter vincere alleandosi solo dopo in Parlamento, le elezioni a rotta di collo, e interpretando le leggi elettorali meglio di coloro che le avevano scritte, nacque il Berlusconi politico, da una costola del suo impero economico. Proprio questa genesi avvelenò il nuovo bipolarismo a livello nazionale, a differenza di quello pacifico che si era sperimentato per i sindaci anche incrociandosi con iniziative talora anomale del potere giudiziario.

Il conflitto di interessi, questa anomalia del potere economico che diventa politico, generò un partito e un polo personali e, all’opposto, la tentazione di descrivere questo avversario anomalo come un nemico contro cui allearsi solo in negativo. Un conflitto con esiti contraddittori: per un verso non permetteva mai davvero a Berlusconi di creare problemi irresolubili al sistema, come nelle dimissioni che capì di dover dare col via libera a Monti, ma che non consentiva neanche di stabilizzare il sistema rinunciando a possibili rendite di posizione, impedendo così una successione regolata alla guida del centrodestra. Oltre, ovviamente ai legami ingiustificabili con Putin anche dopo le prove provate della sua inaffidabilità e aggressività. Quello che resta l’errore maggiore e mai perdonabile, oltre all’errore minore ma non irrilevante di aver sprecato il dividendo dell’euro nella legislatura 2001-2006 senza reali riforme. I suoi limiti pertanto sono decisamente maggiori dei pochi aspetti positivi, ma i suoi sono anche i limiti di molti altri che hanno giocato per l’immobilismo invece che per l’innovazione razionale, per la demonizzazione invece del riformismo.

Saremo in grado di non ripetere questi errori in questa nuova fase dove soprattutto nei gruppi di opposizione continua a prevalere una coazione a ripetere di facile demonizzazione dell’avversario ora che dall’altra parte non c’è più neanche l’argomento vero ma parziale del conflitto di interesse? Anche perché, pur nato male, con quei difetti, il bipolarismo resta. Pur con una diversa leader il polo di centrodestra si vive sempre come tale. In questo senso un’eredità politica di Berlusconi resta. Per avere un bipolarismo civile e competitivo occorre creare una vera alternativa di governo per il dopo Berlusconi, non per il prima. Non è stato comunque una parentesi.