Il carcere duro e le esitazioni del Guardasigilli
Perché Cospito è rinchiuso al 41 bis, e come può intervenire Nordio per alleviare le misure afflittive
Per tre anni si è parlato solo di Covid e no vax. Di pericoli anarco-insurrezionalisti, fino a quindici giorni fa, nessuno sapeva nulla. E invece gli anarchici sono spuntati dall’oggi al domani come funghi dopo che uno di loro, Alfredo Cospito, ha iniziato uno sciopero della fame come forma di protesta contro il regime del carcere duro previsto dall’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario.
Come nasce il 41 bis
Facciamo un po’ di storia. La prima versione, richiesta dal generale Dalla Chiesa per combattere efficacemente le Brigate Rosse, fu introdotta dal Parlamento con la legge n. 354 del 26 luglio 1975. In presenza di gravi emergenze di ordine pubblico e sicurezza, il ministro della Giustizia poteva sospendere, in tutto o in parte, l’applicazione delle normali regole di trattamento previste dalla disciplina carceraria ordinaria. Insomma, caso per caso, secondo singole valutazioni sui detenuti nell’ambito del reale fenomeno criminale complessivo: le Br sparavano contro gli uomini dello Stato, lo Stato reagiva con il carcere duro. Il 41 bis veniva applicato soprattutto per i reati di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza. Sono gli “anni di piombo”.
Poi arrivarono la mafia e il maxiprocesso di Palermo. Su richiesta di Giovanni Falcone, allo scopo di evitare che i mafiosi parlassero tra loro in carcere o riuscissero a far pervenire i loro messaggi all’esterno dell’Ucciardone (che all’epoca era chiamato Grand Hotel per via dell’accondiscendenza nei confronti di “Cosa nostra”), il Parlamento approvò la cosiddetta Legge Gozzini (legge 10 ottobre 1986, n. 663), la quale inasprì il regime del 41 bis con un “sistema di sorveglianza particolare” nei confronti dei criminali appartenenti ad associazioni a delinquere di stampo mafioso (mafia, camorra, ‘ndrangheta e sacra corona unita).
Dopo la morte di Falcone il governo varò il decreto antimafia Martelli-Scotti (decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356), limitando fortemente i diritti dei detenuti cui veniva applicato (non era consentito neppure l’uso della Tv in cella). Agli inizi del secolo la legge n. 279/2002 revocò persino il carattere temporaneo della norma. Attualmente è in vigore la legge n. 94/2009, che ha invece ripristinato il carattere della temporaneità. Oggi l’applicazione del 41 bis può durare quattro anni e le proroghe due anni ciascuna.
In che cosa consiste il 41 bis
Ora d’aria in un recinto di pochi metri quadrati, dove non si può neppure correre, di solito in solitudine salvo deroghe specifiche; isolamento in cella con Tv che di solito è programmata per pochi canali; niente libri e nessuna possibilità di studiare (salvo casi autorizzati); colloqui con parenti (anche stretti) limitati a una sola volta al mese dietro la protezione di un vetro e con divieto di qualsiasi contatto fisico; visite mediche e operazioni chirurgiche sotto la sorveglianza degli agenti etc.
Fino a quindici giorni fa nessuno ne parlava, Cospito non esisteva anche se tutti erano a conoscenza del suo sciopero della fame. Il ministro Nordio, che del garantismo ha fatto la sua battaglia, in questa situazione ha perso del tempo prezioso. Una volta scoppiato il caso, il governo si è così trovato a dover mostrare i muscoli pur in assenza di pericoli concreti di eversione. Il pasticcio è successo dopo l’intervento alla Camera del deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, che ha accusato alcuni parlamentari del Pd di essere andati in carcere a trovare Cospito per favorire non si sa bene che cosa. Il Pd ha reagito accusando la destra di essere fascista e ignorante. Se Donzelli ha certamente sbagliato perché il potere ispettivo nelle carceri rientra tra le prerogative dei parlamentari, il Pd non ha però spiegato la differenza tra il potere ispettivo dei parlamentari nelle carceri (che è una cosa sacrosanta) e una o più insolite visite ad un solo detenuto.
Come che sia la cosa ha assunto i connotati della tifoseria trash: da un lato la destra accusa il Pd di frequentare dei terroristi, dall’altro il Pd accusa la destra al governo di voler zittire le opposizioni. Fatto sta che tutti azzannano l’osso dell’avversario e nessuno risolve il problema.
Premesso che siamo, in linea di principio, contrari al regime del 41 bis in quanto esso stesso cozza contro i principi di cui all’art. 27 della Costituzione (umanità del trattamento penitenziario e funzione rieducativa della pena), la situazione politica sul caso Cospito si è ormai ingarbugliata. Ma un margine pragmatico per uscire dal cul de sac forse c’è ancora. Partiamo col ricordare che le misure del 41 bis non sono applicate per così dire “a pacchetto”; infatti, il magistrato o il tribunale di sorveglianza possono adottare vari livelli di controllo, consentendo alcuni diritti e vietandone o circoscrivendone altri.
Nordio allora potrebbe revocare a Cospito non il 41 bis (politicamente ora apparirebbe come un atto di debolezza), ma le misure più insopportabili tipiche del “carcere duro”, consentendogli ad esempio colloqui ogni due settimane con i parenti e non più uno al mese (senza vetro protettivo ma registrando le conversazioni e perquisendo lui e i parenti prima e dopo il colloquio), l’ora d’aria in compagnia di uno o due detenuti totalmente estranei ai reati per cui è condannato lui e la possibilità di leggere e studiare in cella e in biblioteca, se lo desidera. Se Nordio ritenesse che non rientrino tra i suoi poteri di Ministro decisioni di questo tipo, potrà allora sollecitare il giudice di sorveglianza a valutare decisioni in tal senso. Nel frattempo, per allentare la pressione, Cospito dovrebbe essere trasferito in un ospedale fuori dal carcere e alimentato e curato adeguatamente, sempre che ciò avvenga col suo consenso.
Nel frattempo, governo e parlamento potrebbero avviare una seria discussione per riformare il 41 bis, limitandone il campo di applicazione al solo reato di associazione a delinquere di stampo mafioso (che per definizione si estende a tutti i tipi di criminalità organizzata). In assenza di terrorismo o eversione dell’ordine democratico (cinquanta anarchici che protestano non costituiscono un “attacco cuore allo Stato”), il “carcere duro” dovrebbe restare solo per mafiosi, camorristi e ‘ndranghetisti che si sono macchiati di gravi delitti. Lo Stato se proprio non vuole abrogare il 41 bis lo applichi solo in relazione al concreto pericolo esistente e per casi particolarmente gravi.
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