La morte del diplomatico italiano
Perché è stato ucciso l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, il movente dietro l’attentato di Kinshasa
È morto sul campo, in quell’Africa che aveva sempre amato. È stato ucciso nell’area più pericolosa del Congo mentre era in viaggio per distribuire alimenti. E con lui, ha perso la vita un giovane carabiniere che faceva parte della scorta. Il convoglio di jeep nel quale viaggiavano è stato assaltato da un gruppo di uomini armati, ancora non identificati, che hanno aperto il fuoco contro i mezzi nel tentativo di sequestrare l’ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio. Così hanno perso la vita lo stesso diplomatico, 44 anni da compiere, che lascia una moglie e tre figlie, il carabiniere Vittorio Iacovacci, di 30 anni, e Mustapha Milambo, l’autista del mezzo a bordo del quale viaggiavano.
Il gruppo, composto da sette persone divise in tre macchine, è stato assaltato intorno alle 10 di mattina nei pressi della città di Kanyamahoro, nella parte orientale del Paese, vicino a Goma: «Gli autori dell’attacco avevano come obiettivo principale proprio il diplomatico italiano», scrivono alcuni media locali. Stavano viaggiando con il World Food Programme «da Goma a visitare il programma di distribuzione di cibo nelle scuole del Wfp a Rutshuru», fanno sapere dall’agenzia Onu che specifica: «Precedentemente era stato autorizzato il viaggio su quella strada senza una scorta di sicurezza», come si vede dalle foto che mostrano l’utilizzo di jeep non blindate in un’area del Paese considerata ad alto rischio. Eppure c’è chi ha ritenuto “sicura” la strada su cui è avvenuto l’attacco, sicura e quindi senza necessità di scorta. Una scelta esiziale di cui qualcuno, ai vertici della missione Onu in Congo, dovrà dar conto.
L’imboscata è avvenuta «nei pressi di Goma (Nord-Kivu) nel territorio di Nyiragongo», secondo i media locali che aggiungono: «Sono intervenute le Fardc», ossia le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo, «e le guardie del Parco nazionale dei Virunga» Un diplomatico di alto rango a Kinshasa ha spiegato all’Afp che Attanasio è morto “in seguito alle ferite riportate” dopo essere stato colpito dai proiettili esplosi dagli assassini contro il convoglio. «Lungo la strada operano gruppi ribelli, come le ex Fdlr ruandesi, ma anche combattenti congolesi come i Mai mai e soprattutto banditi comuni, che colpiscono solo per rapinare; in più tratti, prima e dopo il settore di Kanya Bayonga, la scorta è essenziale»: a raccontarlo da Goma all’agenzia Dire è Etienne Kambale, direttore dell’ong Fondation Point de vue de Jeunes Africains pour le Developpement. «Sulla strada ci sono aree considerate più sicure, dove ribelli e banditi non si spingono anche perché ci sono posti di blocco delle Fardc, le Forze armate congolesi» sottolinea Kambale.
Secondo Kambale, ad alimentare l’insicurezza sono spezzoni delle Fdlr, le Forces democratiques de liberation du Rwanda. L’Fdlr – responsabile di violenze e rapimenti a scopo di lucro – è il principale gruppo residuo di ribelli ruandesi aderenti alla dottrina dell’”Hutu Power”, operante nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Formato quasi interamente da Hutu, che si oppongono ai Tutsi per il dominio sulla zona, hanno come comandante in capo Paul Rwarakabije. Secondo quanto reso noto dall’Institut Congolais pour la Conservation de la Nature (ICCN), le guardie del parco sono intervenute in un secondo tempo, «mentre era già in corso l’attacco contro i due veicoli dell’Onu avvenuto verso le 10.15 presso una località nota come 3 antennes, sulla Route Nationale n. 2». Si tratta della stessa località in cui due turisti britannici erano stati rapiti da uomini armati non identificati l’11 maggio 2018, a una quindicina di chilometri da Goma, nel mezzo del Parco dei Virunga.
In quella zona ritenuta “sicura” il convoglio è stato crivellato di colpi, e due italiani sono stati portati nella foresta e uccisi. Luca Attanasio era uno degli ambasciatori italiani più giovani nel mondo. Era nato a Saronno (Varese) il 23 maggio 1977. «Tutto ciò che noi in Italia diamo per scontato – raccontava il diplomatico – non lo è in Congo dove purtroppo ci sono ancora tanti problemi da risolvere. Il ruolo dell’ambasciata è innanzitutto quello di stare vicino agli italiani ma anche contribuire per il raggiungimento della pace». «In Congo – amava ricordare – parole come pace, salute, istruzione, sono un privilegio per pochissimi, e oggi la Repubblica Democratica del Congo è assetata di pace, dopo tre guerre durate un ventennio».
L’ambasciatore Attanasio era sposato con Zakia Seddiki, fondatrice e presidente dell’associazione umanitaria “Mama Sofia” che opera nelle aree più difficili del Congo salvando la vita ogni anno a centinaia di bambini e giovani madri. «Ho accolto con sgomento la notizia del vile attacco che poche ore fa ha colpito un convoglio internazionale nei pressi della città di Goma uccidendo l’ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e il loro autista. La Repubblica italiana è in lutto per questi servitori dello Stato che hanno perso la vita nell’adempimento dei loro doveri professionali nella Repubblica Democratica del Congo». Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio di cordoglio al ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Unanime è il cordoglio espresso da tutte le forze politiche.
«Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, esprime profondo cordoglio per la morte di Luca Attanasio e di Vittorio Iacovacci», si legge in una nota di Palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio e il governo «si stringono ai familiari, ai colleghi della Farnesina e dell’Arma dei Carabinieri. La Presidenza del Consiglio segue con la massima attenzione gli sviluppi in coordinamento con il Ministero degli Affari Esteri».
«Quella dell’ambasciatore è una missione, a volte anche pericolosa, ma abbiamo il dovere di dare l’esempio». Erano le parole che l’ambasciatore Attanasio rilasciò a Camerota (Salerno) il 12 ottobre scorso, in occasione del ricevimento del premio internazionale “Nassirya per la pace”, consegnato dalla locale associazione culturale “Elaia”. «Io e mia moglie viviamo in Congo con tutta la famiglia, tre bambini piccoli. Qualcuno si stupisce di questa scelta, soprattutto per i rischi che comporta, ma è nostro dovere dare l’esempio», concludeva Luca Attanasio. Un esempio a cui non è venuto meno, pagando con la vita. Un eroe italiano.
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