I domiciliari per la Kaili sono una buona notizia. Il 9 Febbraio ho scritto alla presidente Metsola chiedendo di verificare le pessime condizioni di carcerazione della Kaili. isolamento, freddo, violenza verbale, difficoltà e umiliazione nella gestione del ciclo mestruale, senza neanche la possibilità di lavarsi. Per non parlare del divieto di vedere la figlia di due anni. La presidente Metsola non ha mai risposto, ora la Kaili è agli arresti domiciliari, luogo naturale in cui attendere il processo visto che non c’è pericolo di fuga, né possibilità di reiterare il reato, né di inquinare le prove.

Avevo scritto a Metsola: «Abbiamo sempre pensato che uno Stato di diritto maturo, che cerca giustizia e non vendetta, si può misurare da come tratta i colpevoli, non gli innocenti. Il carcere è già la pena, anche se l’obiettivo della reclusione dovrebbe essere più nobile della pena stessa». Dunque una buona notizia, per Eva, per la bambina e anche per un clima positivo che dovrà determinarsi intorno al processo. Intendiamoci, il danno di immagine e reputazionale per il Parlamento è stato enorme. Per questo è importante capire, nel processo e non nei talk televisivi, quali eventuali reati sono stati connessi e da chi. In questo contesto spero che anche la posizione di Andrea Cozzolino, in attesa di una anomala richiesta di estradizione, venga riconsiderata, così come è stata riconsiderata la posizione di Marc Tarabella, anche lui da ieri ai domiciliari.

Non vi è dubbio che lo scandalo deve interrogarci sulla capacità delle istituzioni comunitarie di tutelarsi dalla illegalità e, contestualmente, divincolarsi dalla presa di lobby pubbliche e private che spendono 1,5 miliardi l’anno per promuovere i propri prodotti, a partire da farmaci e armi. Concludevo la nota indirizzata alla Metsola con queste parole: «Per l’Europa la gestione di questa crisi è un passaggio di civiltà decisivo, perché la giustizia e la ricerca della verità giudiziaria siano fondate sulla presunzione di innocenza e lo Stato di diritto».