Come ha detto domenica la Bonino all’approfondimento del Tg2, in Italia il più grande partito è l’astensione, stimata al 40%. Gente che non va a votare – ha aggiunto – e decide così le sorti del paese perché è una grande maggioranza che non accetta di avere una responsabilità nel decidere se questo paese deve andare a destra sul modello Ungheria oppure proseguire un cammino di democrazia e civiltà. Caspita, mi sono detto, che forte argomentazione! Poi ho ripensato a qualche esperienza (alcune personali, altre raccontate) e le argomentazioni della Bonino mi sono sembrate da vedere sotto un’altra luce. Forse chi non vota ha esperienze negative con lo “Stato”?

Bisognerebbe parlare con quanti si astengono, sentire le loro opinioni, considerare le loro storie. Ne ho raccolte alcune. La prima, ad esempio, è mia (privilegio del cronista!). Due anni fa ho ricevuto una comunicazione dal Comune di Roma per una multa del 2009, opposizione (all’epoca) al giudice di pace che dà torto però solo 12 anni dopo il Comune si ricorda di chiedere il pagamento senza che la sentenza sia mai stata notificata. Per il Comune è titolo esecutivo, per la giurisprudenza non lo è. Lo è solo la cartella di pagamento, mai arrivata. Nonostante uno scambio di spiegazioni via pec, non c’è niente da fare: dialogo tra sordi; devi pagare anche se in realtà non devi proprio farlo. Morale: si vedrà in futuro al prossimo round davanti a un altro giudice. Un’altra storia, questa volta più seria, di qualcuno che ha un contenzioso con un Municipio. Può accadere che il Municipio sia solerte nell’imporre un ripristino edilizio in una zona tutta abusiva. Però se qualcuno presenta poi un successivo esposto su situazioni di irregolarità nella stessa area, magari scopri – come mi ha detto un amico – che tutto tace: i solerti che sono venuti ad ispezionare per riscontrare presunte irregolarità, quando si tratta di un cittadino che le segnala loro, allora spariscono.

E siamo a due. Poi un cittadino potrebbe avere a che fare con la giustizia. Quando non si archivia, si va in tribunale. Ma un momento: perché si archivia? Prendiamo un’assemblea di condominio che in maniera illegittima decide di installare delle telecamere, le quali peraltro puntano su strada e non sullo spazio condominiale. Siccome è impossibile discutere (perché si arriva alle mani), la strada è un esposto alle autorità spiegando perché e per come. Archiviazione, dice il magistrato: la cosa non ha rilevanza penale, semmai civile. Già, perché i due rami della giustizia non dialogano tra loro. Parliamo sempre di condominio: un collega ha chiesto al suo amministratore se ha le “carte in regola” per esercitare. E siccome il collega è antipatico all’amministratore, questi non risponde. Allora si deve tentare la strada della mediazione, ma anche l’amministratore non mostra le carte e il “conciliatore” si arrende. Allora si potrebbe fare un esposto alla Guardia di Finanza, perché in fondo un amministratore di condominio firma bilanci, maneggia soldi. Non è di loro competenza, dice il maresciallo preposto. Bisogna andare alla Agenzia delle Entrate, come se tutti noi avessimo tanto ma tanto tempo da perdere. Meglio abbandonare la partita e darla vinta a tavolino!

Il gioco dell’oca prosegue se per sfortuna varchi la soglia del tribunale, come è accaduto a un altro malcapitato. A parte lo squallore delle stanze, il cemento armato, i tavoloni, il freddo se sei in inverno e il caldo torrido estivo, a parte poi i labirinti da attraversare “per andare dove dobbiamo andare”, ti trovi di fronte una grande catena di montaggio. L’udienza è fissata, insieme ad altri cento casi (cifra esatta, non per dire!) per sapere quando verrà fissata l’udienza in cui si entra nel merito. Un po’ come in un ospedale. Al pronto soccorso accompagno un amico la sera tardi perché si è fatto male a quell’ora (dovevi fratturarti di mattina!). I medici di turno ti soccorrono e lo fanno molto bene. Però quando alla fine serve fissare la visita di controllo, scopri che devi tornare il giorno dopo, nell’orario di apertura degli sportelli. Ma sei ingessato. Che diamine! Non c’è verso: devi tornare per sapere quando avrai la visita, perché dal Pronto Soccorso, di sera, siccome gli sportelli di prenotazione sono chiusi, non possono rilasciare appuntamenti. E siamo nell’era digitale (nel senso che si scrive con le cinque dita, digitale appunto!).

La questione non è l’astensione. La Bonino, politica di grande esperienza, fa finta di non saperlo. La vera questione è il gigantesco gioco dell’oca, lo scaricabarile che viene esercitato sul cittadino, il quale non ha armi nei confronti della burocrazia, a tutti i livelli. Dal condominio – se trovi un’amministratore che non ascolta (e ce ne sono tanti!) – su e su fino alla giustizia, alla sanità, alla politica. La questione vera riguarda i problemi che impattano sulla vita quotidiana. Se una persona ha una qualsiasi bega con la giustizia, servono anni per dirimerla e allora meglio dichiararsi colpevoli – ancorché incensurati e con i benefici di legge – e chiuderla lì. Si risparmia in spese legali e tempo perduto, senza contare la salute perché non si prendono arrabbiature. E la politica? Non ascolta, a livello locale e a livello nazionale. Grandi urbanisti del traffico ridisegnano i sensi unici e complicano la vita agli abitanti del quartiere?

Non c’è modo di farsi ascoltare; nessuno pensa ad una verifica con gli utenti di quel quadrante per conoscere il loro punto di vista. Così il “mondo di mezzo” dei normali cittadini è schiacciato, compresso e vessato in tutti i modi. Una politica esperta come la Bonino dovrebbe saperlo e magari potrebbe impegnarsi per individuare metodi (politiche sembra troppo!!!) di dialogo e di ascolto. Il vero problema è semplice: chi ascolta chi? E si può capire che in tanti abbiano la certezza di avere a che fare con istituzioni sorde e cieche, e dunque in tanti pensino che l’unica alternativa sia non andare a votare. Diranno, i non votanti (come tanti mi hanno detto in questi giorni), di avere la soddisfazione, per una volta, di essere i vincitori delle elezioni. Perché come dice la Bonino, sono maggioranza, sebbene silenziosa. Scusate se è poco, direbbero, tanto finire come l’Ungheria o restare nell’Italia del 2022, a queste condizioni, forse fa differenza? Oppure votare turandosi il naso?

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Giornalista e saggista specializzato su temi etici, politici, religiosi, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato, tra l’altro, Geopolitica della Chiesa cattolica (Laterza 2006), Ratzinger per non credenti (Laterza 2007), Preti sul lettino (Giunti, 2010), 7 Regole per una parrocchia felice (Edb 2016).