Perché il giudice ha ritenuto corresponsabili i morti tra le macerie de L’Aquila

I ragazzi morti sotto le macerie della casa dello studente dell’Aquila a causa del terremoto furono “incauti” e per tale motivo sono “corresponsabili” al 30 per cento ai fini del risarcimento. Lo ha stabilito questa settimana il giudice del tribunale del capoluogo abruzzese, Monica Croci, accogliendo l’eccezione da parte dell’Avvocatura dello Stato verso i proprietari dell’immobile. Nel crollo, avvenuto la notte del 6 aprile 2009, morirono 24 studenti.

Dopo la tragedia gli eredi delle vittime instaurarono un procedimento risarcitorio, ipotizzando irregolarità in fase di realizzazione dell’immobile e gravi negligenze da parte delle Autorità, Genio civile e Protezione civile, nello svolgimento del proprio compito.
I familiari, in particolare, avevano citato in giudizio, con una richiesta di oltre dieci milioni di euro di danni, il Ministero dell’Interno e il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti per le responsabilità oggettive, e la Prefettura e il Genio civile per i mancati controlli durante la sua costruzione.

Il tribunale ha allora riconosciuto una corresponsabilità dei ragazzi morti pari al 30 per cento perché ha ritenuto siano stati imprudenti a non uscire quella notte, sapendo che era in corso uno sciame sismico. Prima del terremoto, però, i vertici della Commissione grandi rischi avevano tranquillizzato con alcuni annunci i cittadini, condizionando le scelte delle vittime. A tal proposito, al termine del processo, era stato condannato in via definitiva solo il vice capo della Protezione civile nazionale, Bernardo De Bernardinis, a due anni di reclusione. La colpa? Un’intervista televisiva rilasciata immediatamente prima della riunione del 31 marzo 2009 e ampiamente diffusa su tutti i media anche nei giorni seguenti.

Dopo quella sentenza tutti i componenti della Commissione grandi rischi, l’organismo consultivo della Protezione civile, si erano dimessi dall’incarico. Durissime le reazioni dei familiari delle vittime alla decisione del giudice dell’Aquila. «Da dove esce fuori questo concorso di colpa?», ha affermato l’avvocato Maria Grazia Piccinini, madre di Ilaria Rambaldi, una delle ragazze morte sotto le macerie. «Come si può oggi dire che i ragazzi dovessero stare fuori quando tutti ricordano certe rassicurazioni? – ha aggiunto la mamma di Ilaria – Sconcerta poi che il giudice che ha già fatto in passato sentenze di risarcimento per il sisma si ricordi di questa cosa solo ora».

La sentenza del tribunale, hanno fatto comunque sapere i legali dei parenti delle vittime, verrà impugnata in appello. La Cassazione, nel condannare in via definitiva De Bernardinis, hanno sottolineato i parenti delle vittime, aveva scritto che “esulava dai compiti istituzionali” della Commissione grandi rischi, alla vigilia del terremoto, “la gestione della comunicazione esterna, affidata in esclusiva all’organo titolare dei compiti di prevenzione”, ovvero alla Protezione civile, mentre l’informazione scientifica non si può imprigionare in una “camicia di forza”. Non solo: si è trattato di una “scorretta condotta informativa” e una “comunicazione di contenuto inopportunamente e scorrettamente tranquillizzante”, che ha finito per indurre “taluni destinatari a non abbondare l’immobile”.