Onde alte e mare mosso. Gli allarmi si moltiplicano, le persone alla deriva sono ancora centinaia, forse migliaia, mentre andiamo in stampa. Ma qualche maroso riguarda anche le scelte del governo: fuor di metafora, lo stato d’emergenza appare un pannicello caldo inadeguato a risolvere l’emergenza. Anche perché si preoccupa più di respingere che di prestare aiuto. Il Commissario straordinario, che secondo fonti interne al Viminale dovrebbe essere il prefetto Valerio Valenti, non è stato ancora nominato. Al ministero “ci stanno lavorando”. Agli interni ieri si sono riuniti i vertici prefettizi del dicastero insieme a quelli del dipartimento della Protezione civile: deve uscire la prima ordinanza di Protezione civile che esegue i primi provvedimenti di somma urgenza.
È possibile che all’interno dell’ordinanza sia contenuta anche la nomina del commissario straordinario: alla faccia dell’emergenza, neppure sulla nomina le prime 24 ore sono servite a toccare palla. È arrivato intanto nel porto di Catania il peschereccio con a bordo i 700 migranti soccorsi nei giorni scorsi al largo delle coste siciliane. L’ondata di sbarchi nel Mezzogiorno non si ferma e pare che il governo voglia fare il gioco del cerino con la Protezione civile e con il commissario che guiderà l’emergenza, per non rimanere scottato. Da qui a sei mesi – fino al 15 ottobre, col volgere dell’autunno – il periodo speciale decretato per affrontare gli arrivi che Matteo Salvini e Giorgia Meloni faticano perfino a pronunciare in pubblico. “Quei due dopo quello che hanno detto in precedenza, davanti agli sbarchi di cui stiamo parlando si dovrebbero suicidare per la vergogna”, si è lasciato sfuggire Pierluigi Bersani intervistato da Giovanni Floris a DiMartedì, La7.
Basterebbe una più semplice presa d’atto: il fenomeno va governato. E il dovere del soccorso in mare e quello della dignitosa accoglienza a terra vanno messi a sistema, al riparo dalle guerre ideologiche. A dispetto del buon senso, la maggioranza prosegue nella sua china: gli emendamenti al decreto Cutro sono tutti protesi a mettere dei paletti per rendere più rigida la protezione speciale e fornire maggiori poteri al governo per effettuare i rimpatri più velocemente. Tanto che il trionfatore delle recenti elezioni regionali friulane Massimiliano Fedriga, dismesso il lauro e inforcato lo scettro di presidente della Conferenza delle regioni, incoraggia: “È utile il pacchetto di misure annunciato dal governo. Non è la soluzione dei problemi, ma bisogna cercare di risolvere l’emergenza”, dice auspicando un “protagonismo europeo”.
L’Europa ora esecrata e ora invocata, risponde a tratti. I partner europei più coinvolti, Malta in primis, sempre più spesso ignorano gli allarmi. Ieri sera la ong tedesca Sea Watch è tornata ad allertare le autorità internazionali: “Ieri sera il velivolo Seabird ha individuato un totale di due grandi imbarcazioni con ciascuna un massimo di 450 persone a bordo. Abbiamo inviato Mayday, allertato le autorità competenti e le navi nelle vicinanze. A causa del maltempo, è urgente il soccorso delle persone”. Il bilancio delle morti in mare dall’inizio dell’anno è drammatico. L’Organizzazione internazionale delle migrazioni ha fatto sapere che da gennaio a marzo del 2023 441 migranti hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale: il numero più alto di vittime rispetto allo stesso periodo dal 2017. Circa 300 i dispersi.
Più si moltiplicano gli allarmi, più appare chiaro come il naufragio sia anche quello del governo Meloni, sempre più in impasse. Lo dice chiaro e tondo il Partito Democratico per bocca del suo capodelegazione del Pd, Brando Benifei: “Mi sembra che questa dichiarazione dello stato di emergenza sia più una dichiarazione di difficoltà nel governo” per “distrarre l’opinione pubblica e il dibattito mediatico dalla pochezza, e anzi dalla problematicità, del documento di programmazione finanziaria”. E ancora: “La verità è che sul tema Migranti il governo ha aperto un fronte con l’Europa senza riuscire assolutamente a risolvere niente” e, “tornata a mani vuote dal Consiglio europeo, oggi deve trovare un modo per creare un’ulteriore distrazione dalle difficoltà del governo”. Per chiedere di “Invertire la rotta” il 18 aprile a Roma, il Tavolo Asilo e Immigrazione, insieme a decine di altre organizzazioni e reti impegnate nella promozione dei diritti di rifugiati e migranti in tutta Italia, scenderanno in piazza in contemporanea all’arrivo del decreto in Senato.