Perché in Iran gli ayatollah stanno perdendo: esecuzioni non più in strada perché c’è il terrore della folla

Stavolta il regime non ha voluto che l’esecuzione fosse pubblica e così Mohsen Shekari si è trovato solo alle 5 del mattino nel cortile della prigione in cui era detenuto dal 10 novembre scorso, quando lo arrestarono con un coltello in mano ma senza che avesse compiuto alcun gesto aggressivo. Si è trovato davanti al mostro di ferro e carrucole che lo aspettava insieme a un pasdaran seduto in cabina di guida, la mano sul pulsante di carico della gru.

Aveva già le mani legate dietro la schiena e gli hanno calcato un cappuccio sulla testa poi è bastato un gesto, toccare un pulsante, e il motore si è messo in moto sollevando da terra il ragazzo di 22 anni primo della lista di 12 condannati a morte che dovrebbero essere impiccati come lui nei giorni prossimi. Le impiccagioni in Iran avvengono in genere così: la forca è una gru e il condannato deve penzolare a lungo prima di perdere la vita. Per Mohsen Shekari hanno fatto un’eccezione: le strade di Teheran sono un inferno e anche la polizia ha paura persino di un calcio negli stinchi come quello che Farimah Karami ha sferrato a una guardia della polizia morale che cercava di arrestarla. Quel calcio ha determinato la sua condanna a morte e sarà impiccata nei prossimi giorni. Farimah era la compagna di carcere dell’italiana Alessia Piperno. Riportata a casa dopo lunghe trattative tra il ministero degli esteri italiano e quello iraniano.

La rivolta in Iran è cominciata da molti mesi ma ha avuto una eco internazionale per l’uccisione da parte della polizia morale della ragazza curda, Mahsa Amini, colpevole di essersi messa il velo in maniera disordinata e sfrontata tale da attirare le attenzioni dei carnefici che girano per le strade di Teheran, un gruppo dei quali l’ha caricata su un furgone dove la ragazza è stata uccisa a pugni e calci su tutto il corpo. La giovane età, il fatto che fosse curda, e che avesse compiuto un gesto di sfida così sottile come non indossare correttamente il velo imposto alle donne, sono tutti fattori che hanno reso il suo martirio simbolico in tutto il mondo provocando manifestazioni in Inghilterra, negli Stati Uniti, in Francia, in Germania, in Italia, in Austria e il governo fondamentalista per la prima volta si è trovato di fronte a eventi che non riusciva più a dominare.

Il capo della giustizia iraniana, Gholam-Hossein Moheni-Ejèi, ha fatto trapelare la notizia secondo cui l’infame corpo della polizia morale sta per essere sciolto. Ma contemporaneamente sono emersi dei crimini di portata sconosciuta compiuti dai carnefici di questa organizzazione. Il più orrendo è quello dei tiratori scelti i quali hanno il compito di sparare ai genitali delle donne senza ucciderle ma provocando danni che non permetteranno una gravidanza. Il regime più crudele del dopoguerra che agisce sulla base di superstizioni e in posizione di natura barbarica ha creato un reato che si chiama “moharebeh”, e cioè “inimicizia contro Dio”, un’accusa dalla quale nessun penalista di Teheran potrebbe salvarvi perché soltanto Dio conosce i sentimenti delle persone, a parte gli aytaollah naturalmente.

Se la polizia morale si avvia allo scioglimento (cosa per ora non confermata dalla burocrazia di governo) la violenza della repressione non accenna a cedimenti. La polizia morale non è uno strumento semplicissimo da contrastare, perché le prove che questa banda di assassini sostiene di accumulare è di natura quasi metafisica e richiede la costruzione di dossier densi di citazione delle scritture. Il vero obiettivo del regime è quello di spezzare il morale delle donne perché questa rivolta sfrontata che mette in crisi un regime che dura da quarantadue anni è fatta per lo più di ragazze che non esitano a sfidare la polizia, rispondere alle violenze, che si sanno difendere e che vedono di giorno in giorno aumentare la loro popolarità nel mondo. Il regime non era pronto, non era stato assolutamente in grado di concepire una rivolta delle donne. I segnali erano arrivati ormai da circa due anni quando la polizia morale aveva scoperto che i giovani si difendevano dalla dittatura creando luoghi in cui darsi al sesso libero.

Dopo una prima reazione violenta e una massa di arresti, il regime decise di chiudere un occhio su questa rivolta sessuale che, se mantenuta discretamente in aree controllate, aveva il potere di mantenere i giovani distratti di fronte alle angherie del regime. Ma questa finta liberalità ha avuto un effetto contrario a quello sperato: i giovani, e specialmente le ragazze, hanno imparato a non tenere in alcun conto i tentativi di mantenerli in un regime di terrore, sicché la rivoluzione sessuale si è trasformata presto in rivoluzione politica. E quando una giovane curda è stata brutalmente linciata dalla polizia, la risonanza di questo delitto ha non soltanto scosso le coscienze di tutti, ma ha fornito il coraggio e l’energia agli adolescenti, donne in prima fila, per sfidare apertamente le forze di repressione e dimostrare di non aver paura. Così una di queste giovani si è messa il velo alla rovescia ed è stata linciata, un’altra ha preso a calci un poliziotto e sta per essere impiccata e decine di condannati si stanno ammassando nelle galere mentre vengono oliate le gru.