Il dibattito
Perché in Italia si parla del salario minimo: la direttiva Ue e lo scontro nella maggioranza
Da giorni si parla insistentemente sui giornali del salario minimo. È perché l’Unione Europea domani si riunisce per il round decisivo per arrivare all’approvazione finale della direttiva sul Salario minimo proposta dalla Commissione Europea nel 2020 e già approvata in prima lettura dall’Europarlamento e dal Consiglio. E di riflesso in Italia è partito il dibattito, serrato, tra parti e politiche e sociali.
I rappresentanti del Parlamento e del Consiglio si riuniranno domani sera a Strasburgo a margine della plenaria del Parlamento europeo. Sono considerate alte le probabilità di arrivare a un accordo nella notte tra lunedì e martedì. La direttiva, proposta dalla Commissione europea nel 2020, punta a istituire un quadro per fissare salari minimi adeguati ed equi rispettando le diverse impostazioni nazionali dei 27 Paesi membri e a rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva.
La proposta era stata approvata il 25 novembre 2021 a larga maggioranza: 443 voti a favore, 192 contrari, 58 astensioni. A oggi il “minimum wage” non è legge solo in sei paesi: Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Svezia. Nel resto d’Europa, stando agli ultimi dati Eurostat, il salario minimo viaggia tra i 332 euro mensili della Bulgaria e i 2257 euro del Lussemburgo. Il dibattito in Italia è infuocato anche per via dell’aumento dell’inflazione e del debito causati dalle ripercussioni delle ondate della pandemia da coronavirus e dalla crisi causata dalla mancanza di materie prime e rifornimenti per via della guerra esplosa in Ucraina.
L’Inps in un suo rapporto aveva contato due milioni di lavoratori a sei euro netti all’ora definendo il dato intollerabile. Evidente la spaccatura nella maggioranza sulla proposta. “Sul salario minimo vedo aperture positive da tutte le parti, c’è chi la vuole cotta e chi la vuole cruda. Vediamo qual è il punto di contatto che consenta di intervenire subito in attesa poi di una legge di carattere più organico e che consenta di dare una risposta immediata ai lavoratori che si trovano a basso reddito e a basso salario”, ha dichiarato il ministro del Lavoro Andrea Orlando intervenuto ieri a Palermo.
Di avviso opposto il ministro della Pubblica amministrazione ed esponente di Forza Italia Renato Brunetta, le cui parole sono quelle che hanno fatto più discutere. “Il salario minimo per legge non va bene perché è contro la nostra storia culturale di relazione industriali”, ha detto il ministro dal Palco del Festival dell’Economia di Trento. “Non buttiamo il bambino con l’acqua sporca e valorizziamo le nostre relazioni industriali. Il salario non può essere moderato ma deve corrispondere alla produttività”.
Replica diretta al ministro è arrivata questa mattina dal capo politico del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. “Il Salario minimo forse non è nella cultura di alcuni politici. Se per alcuni politici è normale che si prendano paghe da fame, di 3-4 euro lordi l’ora, allora diciamo che la politica del Movimento 5 Stelle non è questa. Non accetteremo mai fino a quando non approveremo il Salario minimo. Queste sono paghe da fame”, ha dichiarato l’ex premier a Capua. Per il segretario del Pd, Enrico Letta “la questione salariale è fondamentale, accanto a questo c’è anche l’impegno ad arrivare al salario minimo come hanno fatto in Germania, in Australia, Paesi simili al nostro che hanno fatto una scelta che anche noi dovremo fare”. Sul tema anche i sindacati sono storicamente spaccati: alcuni lo ritengono il grimaldello per smontare la contrattazione collettiva.
Apertura alla misura invece da parte del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, intervenuto al Festival dell’Economia di Torino. “Se ben studiato è una buona cosa, ci sono vari effetti positivi. Il rischio è se il livello è eccessivo. Non bisogna legare al salario minimo automatismi che possono costare”. Il numero uno di Palazzo Koch ha spiegato che “diversi studi statunitensi dicono che il salario minimo in certe condizioni è favorevole all’occupazione. In Francia ad esempio è stato introdotto di recente. Quello che è importante è non legare al salario minimo automatismi che poi ci possono costare, per esempio un salario minimo che ha piena indicizzazione ai prezzi al consumo se diventa il modello di riferimento per tutti i salari, tutte le contrattazioni, incorpora direttamente quel meccanismo automatico”. Solo qualche giorno fa nella relazione finale di Bankitalia il governatore aveva invitato a evitare “una vana rincorsa fra prezzi e salari”.
Una direttiva europea è un atto legislativo che stabilisce un obiettivo che tutti i Paesi dell’Unione Europea devono raggiungere. Spetta ai singoli Paesi, a differenza di quello che succede con i regolamenti, definire attraverso disposizioni nazionali come raggiungere gli obiettivi. In questo caso la direttiva non introdurrà un salario minimo comune per tutti né tantomeno un obbligo ma punta “a istituire un quadro per fissare salari minimi adeguati ed equi” rispettando le diverse tradizioni di welfare dei ventisette per garantire “un tenore di vita dignitoso”, ridurre le disuguaglianze e mettere un freno ai contratti precari e pirata.
I parlamentari hanno proposto due possibilità per raggiungere l’obiettivo: un salario minimo legale (il livello salariale più basso consentito dalla legge) o la contrattazione collettiva fra i lavoratori e i loro datori di lavoro. Il parlamento vuole inoltre rafforzare ed estendere la copertura della contrattazione collettiva obbligando i Paesi Ue con meno dell’80% dei lavoratori coperti da questi accordi a prendere misure efficaci per promuovere questo strumento.
A mandare un messaggio chiaro a Roma è stato l’intestatario della misura, il commissario Ue al lavoro Nicolas Schmit: il regime non sarà negativo per la creazione dei posti di lavoro e per l’occupazione. Anzi, “è stato dimostrato” il contrario, per esempio dalla Germania, che nei giorni scorsi ha tra l’altro rivisto la soglia minima al rialzo intorno ai 12 euro all’ora. Schmit ha dichiarato che le istituzioni non possono ignorare le ripercussioni del caro-vita in corso e che le tutele dovranno poi allargarsi a lavoratori “invisibili” della platform economy come i rider, da Uber a Deliveroo. Calendarizzata martedì mattina una conferenza stampa in previsione dell’atteso accordo.
© Riproduzione riservata